Benedetto XVI e l’assalto alla visione cristiana della vita

“Fu perciò favorita una mancanza di difesa e di alimento della fede del popolo di Dio, in quanto è attraverso l’attività culturale che la vita di un popolo si approfondisce e diventa storicamente generativa, pro o contro la tradizione cristiana che ha costruito la civiltà occidentale. Noi ora è come se fossimo investiti dalle estreme conseguenze della ribellione razionalista al Dio vivente.”

Sono parole prese dall’introduzione di don Giussani agli esercizi spirituali del movimento di Comunione e Liberazione del 1997, e si riferiscono a un processo storico che lui fa risalire agli inizi del Settecento quando “la ragione pretese di occupare tutto lo spazio dell’intervento di Dio sull’uomo, in ogni senso”.

Non trovo di meglio per commentare l’inaudito attacco che in questi giorni viene portato – anche dall’interno della stessa chiesa cattolica –alla persona e all’opera di Benedetto XVI, partendo dall’ennesima indagine, cosiddetta indipendente, su casi di abusi da parte di ecclesiastici in Germania.

E l’attacco è portato proprio contro la persona che, nel suo ruolo di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi come Papa, più di ogni altro ha affrontato con determinazione questo gravissimo problema.

Si rimprovera a Benedetto di avere in qualche modo trascurato quattro casi di abuso di minori al tempo in cui era arcivescovo di Monaco, nel 1980, cosa peraltro smentita dai fatti e dalle ricostruzioni oneste e non prevenute. Mi si lasci peraltro osservare che la moda intervenuta in questi ultimi tempi – e non solo per gli ecclesiastici – di rimettere in circolo eventi accaduti a distanza di decenni non può che suscitare perplessità. È la civiltà giuridica che chiede – per condannare – che ci siano prove e non solo ricordi, reali o indotti dal clima generale.

Nel caso di Benedetto tuttavia c’è qualcosa di più che alimenta l’attacco; altri coinvolti nell’indagine tedesca, infatti, sono passati in secondo piano o del tutto trascurati. Il fatto è che Benedetto non solo è stato protagonista degli interventi contro gli abusi nella chiesa, ma è stato e rimane il più lucido critico degli esiti negativi generati dalla cancellazione di Dio dalla vita dei popoli occidentali.

Quando parlò a Parigi al Collegio dei Bernardins, per fare solo un esempio, non ebbe timore a sfidare l’establishment culturale, sempre con il suo argomentare piano e rispettoso, provocando gli ascoltatori e tutti noi a impostare la vita non come se Dio non ci fosse, bensì “etsi Deus daretur”, come se Dio ci fosse.

Perché è proprio qui credo il cuore del problema. Le società occidentali (perché solo di queste si tratta, per altri popoli e culture la presenza di Dio è connaturata alla vita quotidiana). si stanno organizzando come se Dio non ci fosse, provando a impadronirsi – come novelli Prometeo – del potere della vita, del potere di costruirsi da sé sfruttando la potenza delle tecnologie oggi a disposizione.

Il magistero di papa Benedetto così come gli studi del cardinale Ratzinger costituiscono un corpus di riflessioni e dottrina di cui l’uomo di oggi ha assoluto bisogno per capire il mondo nel quale vive e poter quindi affrontare le sfide radicali che questo comporta.

Sembra che il problema sia meglio compreso da intelligenze laiche che non da troppi autorevoli cattolici. Un gruppo di intellettuali in Francia si è incontrato nella storica abbazia di Santa Maria di Lagrasse per riflettere su questi temi; ne troviamo notizia su Il Foglio di qualche giorno fa. Eccone un passaggio: “Perché tanto fervore nel mondo intellettuale ateo, laico e agnostico? Il grande storico della Sorbona Jean-Marie Salamito in una intervista questa settimana a Famille Chrétienne spiega che questi laici sono capaci di “percepire la barbarie che ci minaccia”. Secondo Salamito, “di fronte a queste forme di barbarie, il cristianesimo è il solo portatore di un’antropologia che difende l’unità dell’umanità e la dignità della persona umana” e questi agnostici capiscono che “le civiltà sono fragili”. “Siamo arrivati a perdere l’influenza cristiana in Occidente e invece di avere l’umanesimo, abbiamo un vuoto”.

Ma come succede in fisica, ogni vuoto finisce per essere riempito, così ci ammonisce sant’Ambrogio, citato nella lezione da don Giussani: “Guardate quanti padroni hanno quelli che non vogliono avere l’unico Signore”.

E’ la drammatica constatazione di questo tempo in cui ogni emozione diventa diritto, ogni pensiero per quanto minoritario pretende l’egemonia culturale. Come rispondere alla sfida? Cominciando a recuperare il senso di una presenza cristiana viva. Il card. Scola con un intervento su Repubblica di giovedì 10, oltre a testimoniare il suo affetto per Ratzinger e la stima per il suo pensiero, ha ricordato che occorre ricercare sempre le ragioni della pratica religiosa; senza questo lavoro si resta in balia del pensiero dominante che ha molti e forti mezzi per penetrare nelle coscienze dei popoli. Ma non nel cuore di uomini e donne che “accolgono la grazia di Cristo e sono aiutati a domandarsi perché e per chi seguono il Signore. La nostra speranza è lì”.

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