Non parla mai a sproposito Giulio Tremonti, ex ministro delle Finanze e dell’Economia in diversi governi Berlusconi e attuale presidente di Aspen Institute Italia, un’associazione privata internazionale, caratterizzata dall’approfondimento, la discussione, lo scambio di conoscenze, informazioni e valori. Nelle ultime settimane ha rilasciato alcune interviste ribadendo un concetto fondamentale: i guai di cui soffre l’Europa – ed in particolare l’Italia – sono causa soprattutto della finanza creativa che ha sostituito l’economia vera.
Traduciamo: porta solo miseria fare quattrini con la speculazione di titoli emessi sul nulla (magari ingannando il “parco buoi” dei risparmiatori con la complicità di vertici bancari disonesti), mentre si tolgono risorse a chi semina grano, raccoglie patate o produce beni e servizi reali. Con l’acume che lo contraddistingue, rispondendo alle domande di Federico Giuliani su “Il Giornale.it”, Tremonti ha spiegato che «la modernità globale ha portato in mezzo a noi le “piaghe” contenute tra le pagine della Bibbia. Per evitare il disastro finale, l’Occidente deve capire al più presto che la vita non può consistere in piaceri senza doveri» e i valori che li incoraggiano.
Vengono alla mente le profetiche parole di san Giovanni Paolo II nell’ esortazione apostolica “Ecclesia in Europa”: «Il tempo che stiamo vivendo appare come una stagione di smarrimento. […] È smarrimento della memoria e dell’eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all’Europa escludendone la eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo».
Come bene ha spiegato Tremonti, sono evidenti i limiti delle scelte economiche fatte per creare benessere in Europa, ma ancor più drammatici sono gli esiti delle politiche realizzate per darle un ruolo importante nel mondo. Putin il “pazzo” che, invadendo l’Ucraina, avrebbe reso più coesi i Paesi europei, dialoga con Cina, Turchia, Iran e Israele, ma non ha riconosciuto come interlocutore alcun leader europeo.
Tedeschi, Francesi, Olandesi, Italiani si sentono oggi più fratelli perché gli Ucraini muoiono sotto le bombe russe? Mah.
Questa Europa è un monumento all’egoismo, non dei popoli che la abitano, ma delle élite che la governano. Mentre le persone comuni soffrono e muoiono, i vari capi e capetti si confrontano per ridisegnare i confini delle aree sulle quali esercitare il loro potere.
Tra le tante domande che ci stiamo ponendo in questi giorni, c’è ne una che ci perseguita: il conflitto tra Russia e Ucraina non potrebbe essere anche l’epilogo, o l’inizio, di quel dualismo tra i valori trascendenti religiosi e le trasformazioni sociali imposte dallo sfrenato secolarismo (che è l’indiscussa stella polare dell’Occidente e dell’Europa in particolare)?