La Siberia di Daniele Castiglioni

Gli italiani sono viaggiatori, da sempre, e la loro cultura riflette tale caratteristica. Se in patria appaiono come costruttori di magnifiche opere artistiche, architettoniche e tanto altro, all’estero si definiscono conoscitori di popoli e di siti, lì arrivati in qualità di turisti, professionisti o, anche, emigranti. Insomma, gli italiani possono considerarsi a ragion veduta cittadini del mondo. Un mondo piccolo, perché sembra ormai iper-conosciuto.

Ma in realtà non è proprio così. Il tradatese Daniele Castiglioni si è prefissato, dal 2003, di integrare lo scarto e la carenza di conoscenza, affrontando viaggi all’esplorazione e alla reale e vissuta descrizione di territori, sul nostro pianeta, che sono davvero sconosciuti oppure conosciuti solo in quanto sembrano evocare, storicamente, sensi di mistero, lontananza e perfino sofferenza.

20 di Siberia”: termini che volutamente vogliono manifestare più significati. Un significato temporale: sono cioè trascorsi vent’anni di esplorazione da parte di Daniele; e un significato che attiene al territorio esplorato, cioè le condizioni atmosferiche a volte estreme, tipiche di esso.

Consapevolezza di un impegno e di iniziative finora mai veramente descritti nei particolar, né leggibili o presenti nella letteratura; e, d’altra parte, anche una buona dose di incoscienza nel decidere e nell’affrontare poi situazioni veramente al limite della normale razionalità. Ostacoli sulla strada della mitica Siberia.

“Non conosco nessuno che ci sia stato” – scrive Castiglioni nel suo libro “Siberia poco alla volta” (con prefazione di Gianluca Zoni) – “anche perché è solo da pochi anni che tale terra è visitabile e prima del 1991 solo cinque città sulla Transiberiana erano aperte agli stranieri ed il resto era avvolto in una coltre di leggende, dicerie, misteri come quello della Tunguska. Nessuno aveva mai visto l’Artico sovietico, la taiga sterminata, i grandi e maestosi fiumi Yenisej, Lena, Ob, e le tribù artiche che popolano le terre che si affacciano su Mar glaciale artico: Evenki, Ciukci e tanti altri”.

Siberia: “Qui ha inizio questa terra dal nome ormai mitico, sconfinata, per lo più disabitata e comunque diversa dalla Russia Europea. Quasi a mantenere fede alla sua natura sfuggente, indefinita, non si riesce a coglierne un inizio, nemmeno simbolico”.

20 di Siberia”, dunque. A partire dalla decisione di intraprendere questa avventura, il primo di molti viaggi, effettuati in vent’anni di esplorazione. Daniele Castiglioni descrive sommariamente il percorso, il quale non è stato e non ha voluto che fosse solo la classica via della ferrovia transiberiana: sarebbe stato troppo comodo e poco significante per la reale conoscenza della galassia siberiana. Ecco allora quell’itinerario sommariamente descritto: ”L’idea è questa: dopo tre giorni a Mosca ci dirigeremo in treno a Yekaterinburg, … poi un paio di giorni lì e poi ancora treno fino a Novosibirsk, … e poi ancora Transiberiana fino a Krasnoyarsk dove ci dirigeremo verso l’Artico. (NDR: il ‘noi’ è maiestatico, ma il viaggio è stato rigorosamente da single).

In sostituzione dei pezzi di viaggio in Cina e Mongolia decidiamo di seguire un percorso un po’ pazzo, fuori dalle righe. Infatti ci imbarcheremo alla stazione fluviale sullo Yenisej a Krasnoyarsk per navigare tutto il fiume praticamente fino alla foce, attraversando tutta la Siberia verticalmente, lambendo le zone della Tunguska, dove cadde quello che si dice un meteorite nel 1908; 1744 chilometri nella taiga per arrivare all’inizio della tundra, a Igarka, oltre il Circolo polare artico, quasi a 70° di latitudine nord; … poi a Krasnoyarsk … poi trasferimento in treno a Irkutsk, base per la visita al lago Bajkal, la perla della Siberia.

Poi rientro per Mosca e Milano”. Un viaggio ‘organizzato’ con le sole risorse di iniziativa personale, e decisioni prese al momento.

20 di Siberia”: vent’anni di viaggi in Siberia, che Daniele Castiglioni ha illustrato e testimoniato durante il “Festival SOLOSIBERIA”, da lui stesso organizzato, su due giornate, presso la sala convegni di ‘Allodola’ nella città di Tradate, con la partecipazione di molti appassionati e studiosi e di tanti amici. Con proiezioni, libri, guide, servizi giornalistici, cartine, percorsi effettuati (in treno, bus, canoa, barca, chiatte, aereo), foto, video, notizie di cultura, zone percorse interamente a piedi (su strade sterrate, melmose, tra acquitrini, alberi caduti, zanzare in quantità, freddo e caldo (da meno 47° a più 30°), mancanza di cibo, sete. Territori privi di presenza umana per centinaia di chilometri. Un ambiente estremo: davvero una enorme fetta del pianeta, per lo più trascurata o ignorata, luoghi isolati, solitari, disabitati.

Dalla narrazione di tali esperienze è nata una domanda a Daniele Castiglioni: il senso di tutto ciò, di queste avventure al limite. “Dai vari viaggi – ci dice Daniele – sono nati libri, per ora tre, nelle cui righe racconto quelle che sono state le mie avventure ad est dei monti Urali, nel bene e nel male, il tutto accompagnato dalle riflessioni che inevitabilmente sorgono e maturano con l’approfondirsi del rapporto ‘siberiano’“.

Riflessioni che Daniele esprime in vario modo: “Cerco di cogliere la magia del territorio in cui mi trovo: nebbia ad agosto tra le valli, le cime delle colline come isole galleggianti in un mare di bruma umida e fredda …”. Ed ancora: “… la solita sensazione che mi indica la consapevolezza della difficoltà di una situazione, di un luogo, di quello che mi attende. Quella sorta di paura-eccitazione di fronte al nuovo, ed il terrore yakuto (l’impatto con la Yakutia) si impadronisce della mia mente per qualche minuto”; ”ecco tornare la sensazione di vuoto ed incognito che accompagna come una costante i viaggi in Siberia, il dubbio di non riuscire a cogliere un significato, l’essenza di tutta quella distesa di terre, fiumi e foreste; … non mi trovo proprio in un ambientino accogliente, … ma per ora ho parlato solo di aspetti antipatici, tralasciando di esaltare tutta la magia del bosco, la sua magnetica attrazione e la sua selvaggia bellezza”.

“Tutti questi fattori alimentano in me quel fremito, quell’anelito di viaggiare attraverso questa terra per scoprirla e cercare di interiorizzarla; … questo non fa che aumentare l’emozione e dunque il piacere”. “Quante volte ho sognato di visitare questa mitica terra …”.

Daniele racconta anche il viaggio, fatto nel 2009, “Da Tradate a Sakhalin e ritorno in treno”, cioè fino al Pacifico: i 27840 chilometri effettuati, con la ‘verifica personale’ del percorso ufficiale ma anche delle tratte alternative e non segnate su nessuna cartina, guida o relazione: insomma una esperienza pionieristica con i 18 fusi orari attraversati, 26 notti trascorse in treno o traghetto, confidandoci che ‘una sola volta un treno ha fatto ritardo’.

La traversata della Lena, uno dei più grandi fiumi asiatici, dalla capitale regionale di Jakutsk e fino alla foce nel Mar glaciale artico è nella ‘libreria delle esperienze’ di Daniele. Il lunghissimo fiume può allargarsi anche per 20 chilometri, lasciando che lo sguardo si perda quasi nel vuoto. La chiatta pare a Daniele essere l’elemento più simbolico della Lena, il fiume che, come unica strada, favorisce le comunicazioni, in un territorio, quello della Jacutia, che ha il permafrost (che impedisce le coltivazioni).

E, parlando di fiumi e acque, l’evento tradatese ha dato l’opportunità a Daniele Castiglioni di presentare il suo progetto (“Acque siberiane”) di percorrere l’intero territorio russo, la Siberia, ‘via fiume’, cioè sull’acqua. Un progetto non nuovo, già ‘pensato’ ai tempi dello zar nell’Ottocento, ma mai realizzato interamente, per duplice motivo: la caduta degli zar e l’effettiva difficoltà di collegare tra loro i fiumi esistenti sull’immenso territorio, superando i forti dislivelli in certi punti.

Il progetto “Acque siberiane” di Castiglioni, in particolare, intende portare avanti, nell’immediato, una serie di viaggi fluviali/lacustri nelle zone più remote della Siberia, alla scoperta di quei territori altrimenti non accessibili, se non appunto con vie d’acqua, che sono la maggior parte della Siberia stessa.

L’evento tradatese ha dato inoltre l’opportunità dell’intervento di altri ‘esploratori’, amici, studiosi e cultori di viaggi estremi, che hanno raccontato le loro personali esperienze fatte su parti del territorio siberiano (ad esempio l’immenso lago Bajkal). Un interessante ampliamento di conoscenze. Citiamo ad esempio la testimonianza ‘siberiana’ di Paolo Mereghetti, veneto, critico d’estetica contemporanea.

Per eventuali contatti: www.solosiberia.it ; info@solosiberia.it

Vorremmo concludere sottolineando l’eccellenza non solo della parte narrativa di Daniele Castiglioni, ma anche il lato emozionale e poetico.

Leggiamo, ad esempio, a proposito della città di Komsomolsk e della sua costruzione ‘forzata’ (con numerosissime perdite umane) nel 1932 quando lì giunsero i primi pionieri, giovani comunisti, inviativi dai vertici del Partito: “Una fiaccola brucia eternamente ai piedi degli obelischi. Il silenzio avvolge questo luogo … le gocce di pioggia continuano a cadere e qui sembra che il cielo pianga ancora tutte quelle vittime”.

Ed ancora: “Miriadi di stelle … e le sagome delle conifere tutt’intorno ed il silenzio schiacciante trasmettono un senso di bucolico annullamento, una tranquillità metafisica … La bellezza va assaporata poco per volta, altrimenti stordisce”.

Spettacoli e sensazioni che non viviamo più nelle nostre città ‘civilizzate’.

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