Ricordare l’italianità adriatica anche il 4 Novembre

Fonte: https://www.anvgd.it/ricordare-litalianita-adriatica-anche-il-4-novembre/

di Lorenzo Salimbeni 

Il 4 novembre 1918 la fine della Prima guerra mondiale rappresentò per gli italiani dell’Adriatico orientale in effetti la conclusione di una Quarta guerra d’indipendenza, finalmente in grado di completare il percorso risorgimentale di riunificazione a costo di enormi sacrifici umani e materiali.

Nell’ambito dello sforzo bellico sostenuto dalla comunità nazionale rientrano anche centinaia di volontari irredenti, che rifiutarono la chiamata alle armi austro-ungarica e combatterono nell’esercito italiano, e migliaia di civili giuliani, fiumani e dalmati, i quali finirono sfollati in pessime condizioni nei campi allestiti dall’Austria-Ungheria per allontanare i sudditi italiani ritenuti capaci di compiere sabotaggi o spionaggio nelle retrovie del fronte.

La Conferenza di Pace che andò a consolidare la convinzione della “vittoria mutilata” che Gabriele d’Annunzio aveva denunciato dalle colonne del Corriere della Sera ancor prima del termine delle ostilità, l’impresa fiumana del Vate, il Trattato di Rapallo con il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, un primo esodo di italiani dalla Dalmazia annessa a Belgrado ed infine l’annessione di Fiume al Regno d’Italia furono ulteriori passaggi che andarono a definire il confine orientale in un dopoguerra in cui non si erano spenti gli opposti nazionalismi che le autorità austro-ungariche avevano fomentato negli ultimi anni dell’Impero seguendo la logica del divide et impera.

La Seconda guerra mondiale terminò invece con la tragica perdita di gran parte delle terre che si erano ricongiunte all’Italia, con la cruenta cornice delle stragi nelle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, mentre dopo la firma del Trattao di Pace del 10 febbraio 1947 la sorte di Trieste rimaneva ancora in bilico tra Italia e Jugoslavia.

Il 4 novembre 1953 le celebrazioni dell’anniversario della fine della Prima guerra mondiale al sacrario di Redipuglia videro affluire migliaia di triestini provenienti dalla Zona A del Territorio Libero di Trieste, retta da un Governo Militare Alleato, mentre l’amministrazione militare jugoslava nella Zona B aveva portato avanti un violento percorso annessionistico dell’Istria nordoccidentale al regime comunista. In estate il Governo Pella aveva affrontato una crisi internazionale provocata da nuove rivendicazioni del dittatore jugoslavo Tito nei confronti del capoluogo giuliano, quindi la questione del confine orientale costituiva un importante argomento per l’opinione pubblica.

Al ritorno a Trieste dalla manifestazione patriottica, prese avvio un corteo patriottico in cui sventolavano a centinaia i Tricolori, sfidando il divieto di esporre bandiere nazionali imposto dalle autorità anglo-americane.

Ci furono i primi scontri con la polizia militare, il Sindaco Gianni Bartoli fece esporre il Tricolore dal Municipio e l’indomani nuove manifestazioni studentesche vennero represse sparando sulla folla ed inseguendo i manifestanti fino all’interno della Chiesa di Sant’Antonio.

Il 5-6 novembre decine furono i feriti e 6 i morti, 6 medaglie d’oro al merito civile conferite nel 2004 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi agli ultimi martiri del Risorgimento: Pietro Addobbati, Erminio Bassa, Leonardo Manzi, Saverio Montano, Francesco Paglia e Antonio Zavadil, i quali riceveranno lunedì 6 novembre anche la Civica Benemerenza del Comune di Trieste.

Nel calendario civile il 4 novembre è il Giorno dell’Unità Nazionale e la Giornata delle Forze Armate, però quest’anno ci ricorda non solo i 105 anni dalla fine della nostra Quarta guerra d’indipendenza, ma anche i 70 anni dall’inizio di quelle giornate in cui Trieste ribadì la sua appartenenza nazionale mentre il resto dell’italianità adriatica soffriva sotto la dittatura comunista jugoslava o nello squallore dei Centri Raccolta Profughi o nelle difficoltà del reinserimento nel tessuto sociale italiano o dell’emigrazione all’estero.

didascalia: fonte Anvgd Nazionale

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