Homo Deus: l’Intelligenza Artificiale e l’Umanità del futuro

Negli ultimi anni un nuovo ‘dispositivo tecnico’, quello dell’Intelligenza Artificiale, ha visto un rapido sviluppo e una vastissima diffusione – con complesse implicazioni culturali, sociali, economiche e politiche – tanto da potersi riferire alla contemporaneità come all’ ”epoca dell’Intelligenza Artificiale” (I.A.).

Tale disciplina sta avendo sempre più attenzione non solo all’interno delle librerie e degli ambienti specializzati: un sapere che si è presentato come disciplina scientifica rivolta allo studio del processo creativo tramite modelli e mezzi computazionali.

A distanza di una manciata di anni (poiché l’evoluzione è davvero molto rapida) si è passati – come testimonia Rebecca Pedrazzi, autrice, assieme a Chiara Canali, del testo “L’opera d’arte nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale” – dalla distopia (cioè rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro, indesiderabile, caratterizzato da una società totalitaria, scientista e tecnocratica) a un mondo di alte potenzialità ed esplosione di creatività.

L’informatica, il digitale e l’I.A. – secondo il pensiero di Enrico Carosio, fondatore e membro del “Scientific Board CASCO – Centro per gli apprendimenti e lo sviluppo delle competenze” di Parma – non si possono fermare, come l’acqua non si può fermare con le mani ma si può raccogliere e incanalarla così da poter essere utile per mille usi”.

Aspetti di conoscenza, consapevolezza, utilizzo, finalità, socialità, eticità sono argomenti di studi, dibattiti, conferenze, mostre, performances, rappresentazioni scientifiche, artistiche, che si succedono in varie parti della Penisola e del mondo, sull’argomento I.A. Nel prossimo mese di giugno, a proposito di Computation Creativity (CC.), si terrà in Svezia una conferenza internazionale, forum per eccellenza per tutti coloro che vogliono discutere il come e cosa i calcolatori e in particolare gli algoritmi di I.A. allo stato dell’arte possono portare allo studio della creatività.

Per quanto riguarda la particolare tematica di “Arte e I.A.” ha avuto risonanza, in Italia, un convegno legato ad alcune contestuali mostre: a Parma, l’ottava edizione del Festival della Creatività Contemporanea ha ospitato il progetto “Homo Deus – l’umanità del futuro”, a cura di Camilla Mineo e Chiara Canali: evento che ha preannunciato alcune sfide che daranno forma all’umanità del XXI secolo, dove verranno affrontate nuove problematiche, legate anche ad una nuova visione antropologica, tecnico-umanistica. Cinque grandi mostre di pittura, scultura, illustrazione, arte digitale e nuovi media, in grado di proporre al pubblico inedite prospettive della creatività contemporanea: ricordiamo in particolare la suggestiva mostra “Survival” dell’artista Piero Gilardi (un omaggio al Maestro dell’Arte Povera, recentemente scomparso) e quella sulle diverse modalità di utilizzo dell’I.A. da parte di 20 artisti pionieri del digitale o ‘A.I. Artists’ di nuova generazione. Temi come la natura, la botanica, l’ambiente ma anche l’uomo, l’umanità, le comunità, le città, i monumenti, le macchine, i sogni, le mitologie sono plasmati e trasformati attraverso l’impiego degli algoritmi, delle A.I. Generative e delle GAN (Reti Generative Avversarie); tra arte generativa, realtà aumentata, realtà virtuale e altre forme espressive dell’era digitale, riflettiamo sull’interazione tra uomo e macchina, tra reale e virtuale, tra passato e presente.

Il titolo del volume e omonima mostra “L’opera d’arte nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale” richiamano, non a caso, l’opera del 1936 di Walter Benjamin “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, la quale – come asserisce Chiara Canali – “ispira ancora i nostri studi e le nostre riflessioni” e che – come commenta Massimo Cacciari – va inquadrata in quella ‘teoria della conoscenza e del progresso’, per cui “non è la tecnica che produce la rivoluzione, ma la rivoluzione tecnica matura perché lo “spirituale nell’arte” (cfr. Kandinskij) finisce con l’esigerla”.

Il convegno, a cui si è fatto cenno, ha costituito una preziosa occasione per apprendere lo stato degli studi e delle tendenze in materia di A.I.: le relazioni esposte hanno offerto riflessioni ed hanno illustrato proposte tecnologiche innovative; spaziando su scienza, tecnica, competenze di tipo critico, ed affrontando il tema relativo all’arte come strumento per l’etica dell’I.A.

Nel suo intervento su “Etica, società e Intelligenza Artificiale” Enrico Carosio ha motivato, nell’ambito del dilemma dell’interazione uomo-macchina, l’importanza dell’aspetto etico, inteso come serie di valori come l’empatia, il significato dell’agire, il valore dell’individuo e della comunità, la capacità di previsione, l’utopia (contrapposta alla distopia di un futuro indesiderabile), ed anche senso (umano) del limite. Valori che, parlando di tecnologia avanzata, rendono quest’ultima distinguibile dalla magia. Il pensiero critico, indispensabile nella formazione dell’uomo dell’oggi e del domani, non può prescindere dalla consapevolezza della connessione tra i saperi, di interdisciplinarietà, e ciò vuol dire essere connessi con la realtà e la sua complessità: competenza parallela, dunque, umanistica e digitale.

Sulle possibili chiavi di lettura in riferimento al binomio ‘Arte e I.A.’ si è soffermata Francesca Alessandra Lisi, professore associato nel Dipartimento di Informatica Università di Bari: attualmente coordina un gruppo di giuristi, filosofi e informatici per una ricerca interdisciplinare sul tema dell’accettabilità della simbiosi fra umani e macchine nell’ambito del progetto “Future I.A. research”.

Possiamo guardare, in particolare, all’arte come strumento per parlare di I.A. – dice Lisi – e in special modo per discutere degli impatti di queste tecnologie che sono ‘dirompenti’ sulla società e sulla nostra vita. Richiamando gli studi fatti da Margareth Boden a proposito del nesso tra creatività e intelligenza, sono state formulate diverse ipotesi: le tecnologie più recenti di I.A. sembrano proprio andare nella direzione della creatività ‘trasformazionale’ (più che in quella ‘esplorativa’): “GPT” è in effetti “generative pre-trained trasformer” (lett. ‘trasformatore generativo pre-addestrato’); e “ChatGPT” è un chatbot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico (chatbot, software che simula ed elabora le conversazioni umane, scritte o parlate).

Negli ultimi anni – sostiene Lisi – abbiamo assistito allo sviluppo di una branca dell’etica che studia le implicazioni economiche sociali e culturali dello sviluppo dei sistemi di I.A.: si parla di “I.A. Etics” (o Etica dell’Intelligenza Artificiale). In Italia esiste anche una specifica associazione (di carattere interdisciplinare, di filosofi, giuristi, informatici): “SIpEIA” (Società Italiana per l’Etica dell’Intelligenza Artificiale).

Quali sono i temi fondamentali trattati da questa specializzazione dell’etica? L’affidabilità, la legalità e la responsabilità, nel design stesso di questi sistemi. Nello sviluppo di prodotti di I.A. è quindi importante assumere una prospettiva di tipo sociale: l’I.A. deve contribuire a una maggiore inclusione sia sociale sia di genere, poiché – come ammesso durante i molti dibattiti sull’I.A. – i ‘pregiudizi’ possono essere pre-costruiti nei ‘modelli’ di I.A. (il che significa che riflettono l’etica di chi li costruisce, e i loro ‘mondi’ culturali di provenienza).

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