Nei boschi del Varesotto sono tornate le castagne, “ma i cinghiali rovinano la raccolta”

Buone pezzature, un prodotto sano e buono e una stagione nella media: tuttavia a rovinare il raccolto delle castagne nel Varesotto sono stati cinghiali e selvatici. 

“Al mattino – raccontano i castanicoltori – nella zona a nord del Campo dei Fiori non si trovava quasi nulla, con un copione pressochè uguale in molte altre aree di raccolta”.  

Per il resto, l’annata 2021 si archivia con numeri positivi, pur con una differenza sostanziale tra le diverse zone di produzione e con un prezzo riconosciuto alle imprese agricole rimasto invariato ormai da due anni, nonostante i pesanti rincari dei costi operativi che gravano sulle stesse.

Il quantitativo è in crescita di oltre il 10% rispetto allo scorso anno, mentre anche la produzione nazionale è in aumento con una previsione superiore ai 38 milioni di chilogrammi di ottima qualità per il frutto simbolo dell’autunno.

Un ritorno atteso dopo che negli anni scorsi si era rischiata l’estinzione per la presenza del cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus) proveniente dalla Cina, che da anni infesta i boschi lungo la Penisola provocando nella piante la formazione di galle, cioè ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni. “Contro questa minaccia – evidenzia il presidente della Coldiretti interprovinciale Fernando Fiori – è stata avviata una capillare guerra biologica con la diffusione dell’insetto Torymus sinensis, che è un antagonista naturale”.

Si resta tuttavia ancora lontani – sottolinea Coldiretti Varese – dai fasti produttivi del passato per quello che Giovanni Pascoli chiamava “l’italico albero del pane”, simbolo dell’autunno nei libri scolastici di molteplici generazioni di giovani scolari. Basta ricordare che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era pari a 55 milioni di chili.

La situazione è in realtà differenziata lungo la Penisola, con il potenziale produttivo in ripresa, grazie al ritrovato equilibrio nella fisiologia delle piante, la cui produzione è però stata penalizzata dalla forte siccità che ha interessato le aree produttive.

Dall’analisi dei ricci emerge una ridotta pezzatura dei frutti, ma le castagne raccolte nei boschi delle due province lariane nel 2021 si sono caratterizzate per una buona qualità e non presentano particolari anomalie.

Resta comunque alto il rischio di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto da Turchia, Portogallo, Grecia e dalla Spagna, considerato che le importazioni nel 2020 sono risultate pari a ben 24,3 milioni di chili di castagne, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori.

Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Ancora peggiore è la situazione dei trasformati, per i quali non vi è l’obbligo di etichettatura di origine e per le farine di castagne che, non avendo un codice doganale specifico, non è neppure dato a sapersi quante ne vengano importate.

In alternativa all’acquisto delle caldarroste in città, è praticabile l’antico “fai da te casalingo” per garantirsi un prodotto fresco, sicuro e a costi accessibili. Meglio allora frequentare i mercati degli agricoltori di Campagna Amica o quelle sagre che si potranno svolgere in questi giorni dove è possibile fare buoni acquisti di alta qualità oppure rivolgersi alle imprese agricole e riscoprire il gusto di partecipare nei boschi alla raccolta delle castagne.

E proprio per le sagre e per le manifestazioni che ruotano attorno al gustoso frutto del castagno, è grande attesa. Dopo le cancellazioni e le forti limitazioni provocate dalla pandemia lo scorso anno, questi eventi puntano al rilancio con la riscoperta, attraverso castagne e marroni, di piccoli borghi e località di collina e montagna.

Un modo anche per tutelare l’alta qualità della produzione made in Italy che conta ben quindici prodotti a denominazione di origine legati al castagno che hanno ottenuto il riconoscimento europeo. Cinque – precisa la Coldiretti – si trovano in Toscana e sono il Marrone del Mugello Igp, il Marrone di Caprese Michelangelo Dop, la Castagna del Monte Amiata Igp, la Farina di Neccio della Garfagnana DOP e la Farina di Castagne della Lunigiana DOP mentre in Campania è riconosciuta la Castagna di Montella Igp, il Marrone di Roccadaspide Igp e il Marrone di Serino/Castagna di Serino IGP, in Emilia Romagna il Marrone di Castel del Rio Igp, in Veneto il Marrone di San Zeno Dop  e i Marroni del Monfenera Igp, ed i Marroni di Combai Igp, in Piemonte la Castagna Cuneo Igp e il Marrone della Valle di Susa Igp, e nel Lazio la Castagna di Vallerano DOP.

E’ in via di riconoscimento la Castagna di Roccamonfina IGP, ma anche altre iniziative sono in corso, a testimonianza di come il mondo della castagna sia legato al territorio ed alla sua valorizzazione.

Un patrimonio che continua a essere presente nelle tradizioni alimentari autunnali degli italiani da consumare – conclude Coldiretti Como Lecco – in diversi modi: arrosto (dopo averle incise sul lato bombato metterle in una padella di ferro con il fondo forato e cuocerle o sul fuoco vivo o in forno per circa 30 minuti, dopo la cottura si consiglia di avvolgerle in un canovaccio umido); lesse (dopo averle lavate accuratamente, cuocerle in abbondante acqua salata per circa 40 minuti); cotte in latte e zucchero; usate per particolari ripieni, nella preparazione di primi piatti.

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