Immacolata Concezione il vero significato della ricorrenza

L’8 Dicembre si celebra la festa del’Immacolata Concezione che precede le festività natalizie. E’ una delle ricorrenze più significative della religione cattolica. Grazie alla bolla “Ineffabilis Deus” di Papa Pio IX nel 1854 entra nel calendario della chiesa cattolica. In Oriente la festa è celebrata dal VI secolo. Ancora oggi, molte famiglie italiane la considerano una festa tradizionale nella quale ci si riunisce per preparare l’abete per il Santo Natale. Così come spiega mons. Marco Navoni, dottore della Veneranda Biblioteca’Ambrosiana, nel suo libro “L’anno liturgico ambrosiano. Storia e spiritualità” e dal quale abbiamo attinto il testo qui pubblicato.

«La ricorrenza dell’8 Dicembre non è fra le più antiche feste mariane testimoniateci dalla storia della liturgia: nacque infatti in Oriente solo attorno al secolo VIII e con un altro titolo “festa della concezione di sant’Anna”, e fu fissata al 9 Dicembre, nove mesi prima rispetto all’8 Settembre, giorno in cui si ricorda la nascita della vergine Maria. Ora, questa festa orientale, come dice il suo titolo primitivo, non aveva come oggetto l’esenzione di Maria dal peccato originale, cosa per noi oggi ovvia e naturale in Occidente, bensì il fatto prodigioso narrato dai vangeli apocrifi, secondo i quali Gioacchino e Anna, nonostante fossero sterili e ormai vecchi, ebbero, dopo l’annuncio di un angelo, la vergine Maria come figlia sospirata. In Occidente questa festa, anticipata di un giorno all’8 Dicembre, si diffuse ancor più tardi, dopo il secolo XI e per di più con qualche difficoltà e resistenza. Bisogna aspettare il 1° Marzo 1476 per avere la prima approvazione di questa festività mariana da parte di un Papa, Sisto IV, mentre l’8 Dicembre 1661 Papa Alessandro VII, con una bolla dichiarava, anche se definizione dogmatica, che oggetto contemplare il progetto di Dio che non può essere sconvolto da nulla e da nessuno. E in questo progetto Maria santissima ha un posto singolare ed eccezionale, perchè – come afferma il dogma dell’immacolata concezione – lei è stata la sola creatura a non conoscere il peccato come forza disgregatrice, è stata appunto santa e immacolata, proprio come Dio vuole che tutti siamo o diventiamo. Da questo punto di vista Maria è la prova concreta (non il simbolo o l’idea) che veramente Dio ci vuole santi e immacolati, che veramente il Padre ci vuole bene, ci vuole con sé, nonostante le nostre miserie e incapacità. E la persona umana vera, così come Dio l’ha pensata e la vuole, è la persona umana senza il peccato, non lontana e in fuga da Dio, ma vicina e in comunione con il suo Signore. Se l’episodio del peccato originale ci descrive come diventa la vita di un uomo quando vuole costruirsela da solo, l’episodio dell’annunciazione ci descrive come è la vita di chi, amato da Dio, corrisponde a questo amore con il suo impegno e la sua disponibilità. Cosa vuol dire allora per noi cristiani “vita santa e immacolata”? Significa innanzitutto vita senza peccato, non nel senso che non commetteremo più peccati e che riusciremo a raggiungere uno stato di impeccabilità, ma nel senso che dobbiamo considerare il peccato incompatibile con la nostra identità cristiana, incompatibile con la meta cui siamo chiamati, quella di essere santi e immacolati davanti a Dio. E dal peccato dobbiamo quindi liberarci nel caso vi incappassimo per le nostre debolezze. Nei nostri tempi corriamo infatti un terribile rischio: quello di abituarci talmente al peccato, inteso come lontananza da Dio, con tutto quel che ne consegue, da non avvertirlo più neppure come tale; il peccato ci lascia ormai indifferenti, non reagiamo più di fronte a esso, orgogliosamente non sentiamo neppure più il bisogno di domandarne perdono a Dio, diventa la normalità quotidiana, mentre la situazione “normale”, quella pensata, voluta e realizzata da Dio fin dall’origine prima della disubbidienza dell’uomo, e attuata in modo singolare e privilegiato in Maria immacolata, e la perfetta comunione con Dio senza ombra o incrinatura alcuna. D’altra parte, perdere il senso del peccato significa poi vivere nell’illusione e nella pretesa che tutto sia lecito, perchè tutto è considerato uguale e indifferente; significa perdere il senso della realtà della nostra debolezza e della nostra fragile condizione creaturale; significa perdere il senso perchè è vero: Dio infatti mi vuole bene, non perchè mi lascia fare tutto quello che voglio (sarebbe una pessima pedagogia!), ma perchè mi vuole uguale a sé mi vuole con sé. Maria santissima ci è proposta in questa festa come prova eccezionale di una vita immacolata, cioè di una vita senza peccato, in piena comunione con Dio. Ella, per grazia, è stata la più perfetta creatura di Dio, e questo fin dal primo istante del suo concepimento. Noi, con la grazia di Dio e con il nostro impegno di cristiani, possiamo sperare di avvicinarci un poco a un così grande modello che in questa festa la Chiesa osa proporre a tutti gli uomini: le preghiere liturgiche infatti chiedono a Dio la grazia di andare incontro al Signore Gesù “in santità e purezza di vita” e invocano il perdono delle colpe, così da poter offrire a Dio “una vita immacolata”. Richieste fuori tempo? Linguaggio arcaico e fuori moda? Retaggio di una mentalità “tabuistica” e oscurantista? Il cristiano non deve temere questi giudizi, tutt’altro che ipotetici ai nostri giorni, tanto superficiali quanto supponenti; il cristiano deve piuttosto temere ogni difformità con il progetto originario di Dio sulla sua vita, e per questo prende sul serio la realtà del peccato, non lo maschera sotto altri nomi attraverso tecniche di analisi sociologica o psicanalitica, con il fine di scaricare su qualcosa d’altro le proprie responsabilità, ma lo combatte, prima di tutto dentro di sé, sapendo che, con la grazia di Dio, può uscirne vittorioso. In ogni caso l’”icona” tipica di Maria immacolata, che raffigura la Vergine mentre calpesta sotto i piedi il serpente della Genesi, ci ricorda che, in questa lotta, la vittoria è di Dio e del suo indefettibile progetto di vita e di salvezza».

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