La mostra rappresenta il contributo bustocco all’evento diffuso “Raffaello. Custodi del mito in Lombardia” ed è strettamente legata alla mostra “Giuseppe Bossi e Raffaello al Castello Sforzesco”: a Palazzo Cicogna sono infatti esposti per la prima volta inediti bossiani provenienti da collezioni private e le opere del pittore bustocco custodite dalle Civiche Raccolte, oltre a oggetti a lui appartenuti e mai esposti prima d’ora.
“In attesa della riapertura dei musei e di una inaugurazione più propriamente intesa abbiamo deciso di cominciare a offrire allo sguardo del pubblico, pur in modo virtuale, le prestigiose opere che costituiscono questa esposizione – afferma la vicesindaco e assessore alla Cultura Manuela Maffioli -. Un nucleo artistico di grande importanza e bellezza, collegato alla mostra allestita al Castello Sforzesco, in collaborazione con il quale nasce e sviluppa, e che, attraverso questa straordinaria partnership, offre a Busto una inedita e rara vetrina. Si tratta di un’operazione culturale resa possibile dalla sinergia con collezionisti privati che hanno prestato alcune delle opere esposte e con gli sponsor, senza il cui contributo difficilmente avremmo raggiunto un simile risultato: a loro, oltre che al curatore Silvio Mara, va la nostra gratitudine”.
Tra le opere di proprietà privata sono esposte ad esempio quelle del bustocco Gian Carlo Carnaghi, e quelle della raccolta torinese Enrico, che custodisce il lascito ereditario di Bossi.
La mostra vuole illuminare momenti biografici e della creazione artistica di Giuseppe Bossi che maggiormente risentono dell’influenza di Raffaello. Due aspetti sono privilegiati: la formazione artistica iniziale con la fondamentale permanenza a Roma e la rielaborazione matura di alcuni temi figurativi desunti dall’Urbinate.
Giuseppe Bossi, nato a Busto Arsizio nel 1777, ha sempre attirato l’attenzione degli studiosi e dei collezionisti bustocchi, che fin da inizio Novecento hanno riconosciuto il pregio delle sue opere grafiche e pittoriche, salvandole dall’oblio e dalla dispersione.
Di famiglia agiata si formò in scuole d’eccellenza come il collegio San Bartolomeo dei padri Somaschi di Merate e il Collegio Reale di Monza. Frequentò l’Accademia di Brera per poco meno di un biennio e sul finire del 1795 decise che avrebbe completato a Roma la sua formazione a diretto contatto con i capolavori d’arte antica.
Tornato a Milano diventò, giovanissimo, nel 1801, segretario dell’Accademia di Brera, che solo poco prima frequentava da studente. In questo ruolo fino al 1807 segnò profondamente con le sue riforme la vita di questa istituzione.
Negli anni a venire, ritiratosi a vita privata ma con incombenze di rilievo pubblico, produsse una copia pittorica del Cenacolo di Leonardo e un volume assai apprezzato.
Tentò di avviare una Scuola speciale di pittura, che tuttavia ebbe vita effimera, ma soprattutto accumulò una superlativa collezione d’arte (si ricorda almeno il Cristo morto di Mantegna) e una biblioteca ricchissima, entrambe disperse dopo la morte, nel 1815.
L’occasione del cinquecentenario della morte di Raffaello ha permesso un focus su Bossi e sul culto che tributò al celeberrimo maestro rinascimentale.
In attesa di poter riaprire il museo, sulla web tv della Città di Busto Arsizio,(https://www.bustolive.it/comunedibusto.html) è a disposizione il video di una visita guidata
dalla vicesindaco e dal curatore Silvio Mara.
La mostra, inizialmente prevista fino al 7 marzo, è prorogata al 2 maggio.