Fiorenzo, il buono, interpreta “Giuda il traditore”

Sordevolo comunità montana delle prealpi biellesi che conta poco più di 1.000 anime mette in scena dal 18 Giugno al 25 Settembre uno spettacolo unico nel suo genere, la “Passione”.

Nell’imponente anfiteatro intitolato a Giovanni Paolo II (2.300 posti a sedere) si accendono i riflettori su una compagnia di attori dilettanti che danno vita ad uno spettacolo di teatro popolare che ha oltre due secoli di storia.

Tra i protagonisti di quei fatti accaduti a Gerusalemme duemila anni fa e che hanno sconvolto il mondo c’era un tal Giuda Iscariota, personaggio complesso che nel corso dei secoli avrebbe finito per rappresentare il simbolo del tradimento.

Questa parte doveva essere affidata a qualcuno e la scelta è caduta su Fiorenzo Ronchetta, 69 anni, pensionato, che ha lavorato come tecnico di lanificio in molte aziende d’Italia. Sposato, due figli, nella “Passione” ha una lunga tradizione come interprete di ruoli di “cattivo”: diavoletto, da bambino, satana da adulto, poi re Erode, quindi lo spietato fariseo Gheta, due volte Caifa, fino a raggiungere l’apoteosi nei panni di Giuda, ormai alla sua quinta esibizione.

In realtà Fiorenzo non ha una congenita predisposizione alle parti del cattivo, ma, come lui stesso ammette, «una forte propensione a dare vita a personaggi complicati che la storia s’è incaricata di incasellare nell’area dei perfidi, di coloro che non amano il prossimo, anzi lo perseguitano».

«Giuda è un personaggio interessante», dice. «Nell’immaginario delle società raggiunte dal cristianesimo è l’emblema del tradimento. Quante volte abbiamo sentito l’espressione “essere un Giuda”, un uomo che raffigura due dei lati peggiori dell’animo umano, quella del traditore e del ladro».

La scena più plateale della “Passione”, ricca di suggestione e d’emozione, sia per chi l’interpreta, sia per lo spettatore che la vive dal suo posto è quella in cui Giuda bacia Gesù nell’orto del Getsemani per indicarlo a chi è venuto ad arrestarlo. Il bacio, sublime segno di affetto, è usato falsamente per nuocere a chi lo riceve.

L’elemento su cui più ha riflettuto Fiorenzo «non è tanto il tremendo peccato commesso da Giuda», spiega, «quanto non avere trovato la forza di credere nel perdono di Gesù».

Aggiunge: «Anche Pietro ha tradito il Messia e per ben tre volte. Però la sostanziale differenza con Giuda è che il Fondatore della Chiesa non ha esitato a credere al perdono di Dio. e umilmente lo ha invocato. Quante volte noi uomini tradiamo noi stessi, i nostri simili e Dio? Ecco io credo che il perdono sia una delle risorse più grandi del cristianesimo. Quando recitiamo la preghiera che Gesù ci ha insegnato non diciamo “rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”? È un passaggio meraviglioso del Padrenostro, parole insegnateci da Gesù stesso nel rivolgerci al suo e nostro Padre».

Insomma per il “Giuda di Sordevolo” il perdono per i cristiani è un valore che implica «uno stile di vita, quindi una modalità con la quale evitare dolori e guerre».

Fiorenzo s’immedesima in Giuda facendo frullare nella propria mente l’atteggiamento di un uomo che rifiuta fino all’ultimo il gesto di chiedere perdono. «Nei suoi panni», afferma con forza, «non potendo rinnegare l’atto ormai compiuto, mi sarei però umiliato a chiedere scusa, ad implorare perdono. Questo comportamento superbo ritengo sia il vero sbaglio di Giuda».

Il momento del suicidio, quando l’Iscariota s’impicca all’albero, è una delle scene più “forti” della rappresentazione. «Vengo imbracato sotto la tunica in modo da potermi comunque muovere e gesticolare», confida Fiorenzo.

«Al momento clou, sotto i fari, mi appendo ad una corda agganciata ad un anello che mi cinge il collo in modo che agli occhi degli spettatori risulti il tremendo quadretto di un corpo appeso ad una corda ben tesa. È una scena drammatica che appare davvero molto reale e che il pubblico sottolinea spesso con soffocati gridolini. Ovviamente tutto è fatto con la massima sicurezza. Per la serie: il trucco c’è ma non si vede».

Per un credente il momento della morte di Giuda rappresenta il culmine della dannazione racchiusa proprio in quel gesto disperato. Il suicidio deliberato senza confidare nel perdono divino diventa cioè la sua maggior colpa; quindi il peccato non è più il tradimento, ma la drammatica decisione di compiere quello che oggi definiremmo “un insano gesto” in totale autonomia.

Anche se la storia mostra Giuda come un personaggio negativo (chi può però conoscere quanto e come abbia agito l’infinita misericordia di Dio?) la sua esistenza ha avuto una valenza positiva per i cristiani: quella di capire il valore del perdono.

Lo spartiacque con la disperazione probabilmente sta proprio qui, quando non ci si prostra più a chiedere il perdono divino dei tanti peccati che si commettono.

Ma in realtà, nel suo intimo, chi è Fiorenzo? Quanta cattiveria sente dentro di sé e di quanta è disposto ad usare contro i suoi simili?

Domande alle quali “il Giuda di Sordevolo” risponde pacato mostrando esplicitamente la sua indole per nulla aggressiva. «Sono distante dal carattere dei personaggi che interpreto», confida. «Chi mi conosce dice che sono mite e con un alto senso dell’amicizia. Probabilmente sento il fascino del male nella finzione perché l’ho sempre detestato nella mia vita reale. No, il male non mi piace affatto, ma mi diverto ad ostentarlo in scena».

L’abbiamo notato presentando altre figure della “Passione di Sordevolo”, ma lo ribadiamo anche in questa circostanza. Lo spettacolo non è solo una grande rappresentazione corale di una comunità di uomini, donne e bambini che si improvvisano attori per un’estate, ma rappresenta un mondo fatto di lavoro di squadra per il piacere e l’entusiasmo di stare insieme.

Obiettivo dei Sordevolesi è anche regalare emozioni, almeno per un paio d’ore, in un mondo dove i rapporti umani sono minati e tendono sempre più a sbriciolarsi.

(Fiorenzo Ronchetta – Giuda nella “Passione” di Sordevolo crediti fotografici E. Eletto)

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