In Lombardia sabato 23 e domenica 24 marzo saranno 129 i luoghi pubblici e privati aperti in 51 Comuni in occasione delle “Giornate FAI di Primavera”, presentate questa mattina al Belvedere “Jannacci” di Palazzo Pirelli.
“La Lombardia ha la necessità di esaltare quel binomio vincente costituito dal patrimonio storico-culturale e da quello paesaggistico – ha sottolineato il Presidente del Consiglio regionale Federico Romani introducendo la conferenza stampa di presentazione -. Occorre continuare a fare sistema tra istituzioni e associazioni, tra pubblico e privato. Per questo il FAI è un partner delle istituzioni pubbliche, e quindi anche del Consiglio regionale, nel promuovere il cosiddetto ‘turismo dei territori’, che rappresenta un importante fattore di sviluppo non solo economico, perché accresce la conoscenza e la consapevolezza dei cittadini della storia e dei valori dei luoghi in cui vivono. L’invito che faccio a tutti i lombardi per il weekend del 23 e 24 marzo è quello di lasciarsi sorprendere dalla ‘grande bellezza’ della nostra regione, dalle ‘emozioni inaspettate’ di luoghi insoliti e spesso inaccensibili, soffermando lo sguardo, spesso distratto, sui tesori dei nostri territori”.
“Con le Giornate FAI di Primavera apriamo centinaia di beni poco conosciuti e spesso non accessibili al pubblico – ha spiegato il Presidente Regionale FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano della Lombardia Andrea Rurale -. È un format ormai collaudato e di successo con cui invitiamo le persone a fermarsi a guardare il paesaggio, i monumenti e gli edifici delle loro città e scoprire il bello che in alcuni casi è evidente, in altri invece è da scoprire o riscoprire. Perché siamo convinti che la bellezza sia negli occhi di chi guarda”.
Lo slogan della trentaduesima edizione delle “Giornate FAI di Primavera”, uno degli eventi più importanti e significativi per conoscere il patrimonio culturale e paesaggistico italiano, è “Raccontare l’Italia è il primo passo per tutelarla e valorizzarla”.
L’edizione 2024 coinvolgerà in Lombardia 129 luoghi inconsueti o solitamente inaccessibili in 51 Comuni grazie agli oltre 500 volontari di 17 Delegazioni, 7 Gruppi FAI, 16 Gruppi FAI Giovani e il Gruppo FAI Ponte tra culture. Le visite agli spazi pubblici e privati saranno garantite dapiù di 1.000 apprendisti ciceroni, studenti appositamente formati che spiegheranno ai visitatori i tesori del proprio territorio sentendosi direttamente coinvolti nella vita sociale e culturale della loro comunità.
Tra i beni lombardi che si potranno visitare il prossimo 23 e 24 marzo ci sarà anche il Grattacielo Pirelli, sede del Consiglio regionale della Lombardia, che dal 1960 caratterizza lo skyline di Milano e che – ha rimarcato Federico Romani – “è un simbolo dell’innovazione, del saper fare e del coraggio dei lombardi. Il Pirellone era un edificio visionarioperché più sessant’anni faimmaginava il futuro”.
Comunemente conosciuto come il “Pirellone”, il Grattacielo Pirelli è uno dei simboli della città e con i suoi 127 metri e 31 piani fino al 2010 ha dominato lo skyline milanese. Costruito tra il 1956 e il 1960, è considerato il capolavoro dell’architetto Gio Ponti e del suo studio. A commissionarlo è stato il gruppo industriale Pirelli, capitanato dai fratelli Alberto e Piero Pirelli, i quali desideravano promuovere l’immagine della società con un edificio rappresentativo, in una posizione strategica a ridosso della Stazione Centrale e nell’area destinata al nuovo centro direzionale. Inaugurato il 4 aprile 1960, nel 1978 l’edificio fu ceduto dalla società Pirelli a Regione Lombardia. L’edificio – sotto la guida di Bob Noorda ed Egidio Dell’Orto prima e in seguito di Vico Magistretti – è stato oggetto di lavori di adeguamento. Un secondo restauro nel 2004, dopo l’incidente aereo dell’aprile 2002, ha riportato l’edificio alla sua configurazione originaria. L’edificio oggi ospita il Consiglio regionale della Lombardia e e culmina all’ultimo piano nel rooftop dedicato a Enzo Jannacci, che offre una vista unica sulla città. In cima al grattacielo, dal 2017 risiedono degli inquilini molto speciali: una coppia di falchi pellegrini, Gio e Giulia dal nome del “papà” del Pirellone, Gio Ponti, e sua moglie Giulia Vimercati.
Il Pirellone potrà essere visitato sabato 23 e domenica 24 marzo dalle 10 alle 18 con ingresso ogni dieci minuti senza necessità di prenotazione.
Provincia di Varese Saronno Villa Gianetti
La villa comunale Gianetti è stata costruita nel 1919 dalla famiglia degli industriali Gianetti, attivi nel settore metalmeccanico. La villa venne realizzata in stile neorinascimentale lombardo. In seguito ad una ristrutturazione delle officine Gianetti negli anni 1925 la villa è stata venduta al Comune di Saronno che l’ha destinata alla sede del municipio fino agli anni 1985. Dopo anni di inutilizzo, nel 2003 è stato realizzato un piano di recupero. La Villa Gianetti riassume in sé gran parte della storia recente della città di Saronno: il momento dell’industrializzazione (il percorso della famiglia Gianetti, industriali del settore meccanico), le vicende del XIX secolo (ben rappresentate dalla grande cantante lirica Giuditta Pasta), la seconda metà del XX secolo (il passaggio dalla proprietà famigliare a quella pubblica), il recupero della propria storia identitaria (le ristrutturazioni recenti e la definizione di spazi museali dedicati a personalità saronnesi). In quest’ultimo caso occorre segnalare che: – Il Museo imperniato sulla figura di Giuditta Pasta (Saronno 1797 – Blevio 1865) si deve alla donazione di Giorgio Cavallari e si compone essenzialmente di 667 pezzi suddivisi in documenti, manoscritti e spartiti musicali, volumi a stampa, oggetti personali e di scena della cantante lirica, oltre ad alcuni mobili della sua villa di Blevio, ritratti della stessa Pasta. – Gli spazi dedicati a Francesco De Rocchi (Saronno 1902 – Milano 1978) provengono dall’atelier milanese del pittore, mentre una piccola ma significativa raccolta del suo percorso artistico, è concessa al museo in comodato d’uso dalla famiglia.
Morazzone Cascina Ronchetto
Cascina Ronchetto viene fondata nel 2001 da Fabio Cazzani che, insieme a sua moglie e a sua figlia volle recuperare una vocazione vitivinicola del territorio andata perduta sul finire del XIX secolo quando i vigneti dell’Alto Milanese, e in particolare quelli ricompresi nei territori della Provincia di Varese, vennero flagellati da una serie di epidemie che colpirono le viti, causando il progressivo abbandono dell’attività vitivinicola intensiva. La passione e l’impegno delle persone che lavorano a Cascina Ronchetto ha fatto sì che nel 2005 venisse riconosciuto il marchio IGT per il “Vino dei Ronchi Varesini” che qui si produce con passione e dedizione al territorio. La proprietà ha un’estensione di circa 5 ettari coltivati a vite con uve Merlot e Chardonnay per la produzione di vini bianchi, rossi, rosati e, da qualche anno, anche di un metodo classico con affinamento di oltre 60 mesi. Al centro dell’appezzamento, in posizione leggermente sopraelevata, sorge la Casa: un edificio di grandi dimensioni all’interno del quale sono collocati diversi ambienti destinati alle varie fasi produttive, come la grande sala che ospita i grandi tini termoregolati in acciaio inox con i quali, grazie a tecniche di produzione innovative, si procede alla vera e propria vinificazione delle uve raccolte. Durante l’apertura nelle Giornate FAI si visiterà il viale di accesso che, snodandosi attraverso i vigneti, raggiunge il fulcro della proprietà: la Cantina. Qui sarà possibile vedere l’area di produzione dove verranno raccontato le fasi che portano dalla coltivazione della vite, alla vendemmia, alla produzione vera e propria mediante l’uso di tecniche all’avanguardia. Scenderete poi nella vera e propria cantina, dove il vino viene affinato in botti di rovere francese prima di essere imbottigliato e immesso sul mercato.