La minaccia di Putin di un’inflazione alimentare globale per effetto dello stop al commercio di fertilizzanti necessari in agricoltura per garantire la crescita delle colture, come ritorsione alle sanzioni degli Usa e dei leader Ue, riguarda direttamente l’Italia che ne importa per quasi 140 milioni di euro da Ucraina, Russia e Bielorussia.
E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al 2021 dalla quale si evidenzia che le importazioni dirette di fertilizzanti dalla Russia sono state pari a 65 milioni, mentre quelle dalla Bielorussia a 20 milioni e ben 55 milioni di euro dall’Ucraina.
La Bielorussia è il secondo produttore mondiale di potassio ingrediente base di molti fertilizzanti mentre la Russia produce più di 50 milioni di tonnellate all’anno di fertilizzanti, il 13% del totale mondiale, che vengono esportati in tutto il mondo, ma un grande produttore è anche l’Ucraina che ha dovuto fermare le spedizioni a causa della guerra.
Agli effetti negativi per lo stop delle consegne dai tre Paesi coinvolti direttamente si aggiungono le difficoltà dei grandi produttori come il colosso norvegese Yara che ha appena annunciato la temporanea riduzione della produzione in Europa.
L’Italia, infatti, importa complessivamente fertilizzanti chimici ed organici e chimici per un totale di 980 milioni di euro, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat nel 2021.
“Una situazione preoccupante per l’Italia che ha bisogno di aumentare la produzione agricola in un momento in cui si registrano i primi razionamenti sugli scaffali per olio di semi di girasole, farina e zucchero che rischiano di essere amplificati dallo sciopero degli autotrasportatori per il caro carburanti e gasolio” ha affermato il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori.
L’annuncio di Putin arriva, infatti, proprio alla vigilia delle semine primaverili necessarie all’Italia per garantire la produzione di mais, girasole e soia per l’alimentazione degli animali mentre in autunno le concimazioni serviranno per il grano duro per la pasta e quello tenero per la panificazione.
“Un appuntamento da affrontare con gli accordi di filiera proposti dalla Coldiretti all’industria mangimistica e alimentare per ridurre la dipendenza dall’estero da dove arriva circa la metà del mais necessario all’alimentazione del bestiame il 35% del grano duro per la produzione di pasta e il 60% del grano tenero per la panificazione, che rende l’intero sistema e gli stessi consumatori in balia degli eventi internazionali. Una risposta immediata può derivare dalla stessa capacità del settore agricolo di produrre energia con il biometano agricolo il cui processo di digestione anaerobica alimentato da scarti e rifiuti delle filiere agroalimentari che mette a disposizioni preziosi materiali fertilizzanti. Auspichiamo che il Ministero della Transizione Ecologica adegui al più presto la disciplina consentendo la equiparazione ai concimi di origine chimica nei piani di fertilizzazione per un libero utilizzo”.
La sostanza organica residua, il cosiddetto digestato, contiene elementi della fertilità, quali azoto, fosforo e potassio ideali per la fertilizzazione dei terreni grazie all’apporto di sostanza organica e di elementi nutritivi. Se gli obiettivi del Pnrr saranno rispettati si stima di produrre 130 milioni di tonnellate di fertilizzante organico in grado di ridurre del 30% le emissioni del settore.
Putin aveva già deciso di imporre il divieto all’esportazione fino ad aprile di nitrato di ammonio, prodotto fondamentale per la concimazione del grano, di cui insieme alla Russia ne produce circa il 20% del mondo e che rappresenta da solo circa un quarto dei costi complessivi di coltivazione dei cereali: la conseguenza è una riduzione generale della disponibilità sui mercati che, oltre a far schizzare in alto i prezzi con rincari di oltre il 170% (da 250 euro/tonnellata a 670 euro/tonnellate), mette di fatto a rischio la produzione europea di grano, a partire da quella italiana.
Lo stop alle esportazioni russe di concimi rischia di aggravare la situazione di difficoltà in cui si trovano le aziende agricole che già devono affrontare rincari di tutti i fertilizzanti legati all’impennata del costo del gas scatenata dal conflitto.
L’urea che è il fertilizzante più importante per l’agricoltura è balzata a quasi 1000 euro a tonnellata contro i 350 euro a tonnellata dello scorso anno, secondo il report di CAI, Consorzi Agrari d’Italia, mentre il perfosfato minerale è passato da 170 agli attuali 330 euro/tonnellata e i concimi a contenuto di potassio sono schizzati da 450 a 850 euro/tonnellata.