È essenziale che la nuova Commissione Ue faccia salire il budget per l’agricoltura per evitare che la produzione alimentare europea crolli, mettendo a rischio i 620 miliardi di euro del sistema agroalimentare italiano e favorendo le importazioni dai Paesi terzi. Servono più risorse per colmare il gap con Usa e Cina che garantiscono ai rispettivi settori molte più fondi. Così Pietro Luca Colombo, presidente di Coldiretti Varese, rilancia e sintetizza l’appello lanciato dal presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini in occasione della recente Assemblea nazionale svoltasi nei giorni scorsi.
La Politica agricola comune in Europa vale 386 miliardi di euro in totale fino al 2027 – ricorda la Coldiretti – di cui trentacinque miliardi di euro in Italia, un ammontare che mette le aziende agricole dell’Unione in una situazione di svantaggio rispetto al resto del mondo.
“A chi dice che la Politica agricola comune pesi troppo sul bilancio europeo serve ricordare che negli Usa il Farm bill vale 1400 miliardi di dollari in dieci anni, mentre la Cina con molto più sostegno pubblico attualmente produce il 70% in più dell’intera produzione agricola dell’Unione Europea” commenta Colombo. Per stare al passo con la sfida geopolitica “servono quindi più risorse per la Pac. Alla nuova Commissione europea chiediamo di accompagnare lo sviluppo del settore, investendo concretamente su innovazione e sostenibilità ma anche destinando una volta per tutte i fondi solo ai veri agricoltori, non ad esempio agli aeroporti con terreni”.
Produzione messa a rischio da cambiamenti climatici e tensioni internazionali. Fondi necessari per sostenere la produzione agricola – sottolinea Coldiretti Varese – messa sempre più a rischio dagli effetti dei cambiamenti climatici e dalle tensioni internazionali che fanno esplodere i costi di produzione abbassando il reddito degli agricoltori, con il rischio di un crollo della produzione alimentare che andrebbe a danneggiare in primis le fasce più deboli della popolazione. L’aumento della dipendenza dell’estero porterebbe un netto trasferimento di ricchezza fuori dai confini dell’Unione, tagliando risorse preziose per le misure a favore del settore produttivo e dei cittadini, a partire da quelli più poveri. Le politiche sul cibo sono strettamente dipendenti dal livello di sovranità alimentare del Paese e non è un caso che lo stesso Farm bill americano destini parte delle risorse all’acquisto di buoni alimentari per gli indigenti.
Semplificazione burocratica per non gravare su aziende. Al tema delle risorse si abbina quello della semplificazione burocratica e del rispetto del principio di reciprocità. Dopo le manifestazioni pacifiche della Coldiretti a Bruxelles la Commissione ha compiuto un primo importante passo verso l’alleggerimento degli adempimenti a carico delle aziende agricole. Un passo che va ora rafforzato con una semplificazione ancora più profonda di tutte le regole della Pac che gravano su tutte le aziende, a prescindere dalla loro dimensione, considerato che oggi un agricoltore spende un terzo del suo tempo per riempire moduli e carte burocratiche. Ma anche con politiche “verdi” che valorizzino il ruolo dell’agricoltore nella tutela dell’ambiente, rispetto alle follie estremiste che hanno sino ad oggi caratterizzato l’applicazione del green deal.
Principio di reciprocità per evitare pratiche sleali. Ma in Europa – rileva Coldiretti Varese – deve imporsi anche il principio di reciprocità: le regole imposte ai produttori europei devono valere per chi vuole vendere nell’Ue. Se così non accade si traduce in concorrenza sleale. Il tema del caporalato di cui si dibatte molto è strettamente connesso a questa emergenza. E occorre anche cambiare il codice doganale sull’origine dei cibi che consente oggi di spacciare per cibo italiano quello che italiano non è. Una battaglia che ha portato oltre diecimila agricoltori della Coldiretti alle frontiere, dal Brennero ai porti, per chiedere un cambio di passo, con l’introduzione dell’obbligo dell’indicazione del Paese d’origine in etichetta su tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Unione Europea.