“Una burocrazia che, al danno, aggiunge danno. E con gravi, ulteriori ripercussioni sulla filiera florovivaistica provinciale già alle prese con una situazione insostenibile: ad esempio, l’invenduto delle festività di inizio mese si è accumulato nei vivai generando un calo del 35% rispetto alla media degli scorsi anni”. Lo rimarca il presidente di Coldiretti Varese, Fernando Fiori, commentando la notizia dell’ingiustificata chiusura “nelle giornate festive e prefestive di garden, ambulanti e negozi al dettaglio di fiori e piante in atto in diverse regioni d’Italia in zone gialla e arancione, che già sta mettendo a rischio la fornitura fuori regione delle stelle di Natale e degli abeti di Natale che ogni anno trovano spazio nelle case degli italiani”.
E’ l’allarme lanciato da Coldiretti Varese dopo che in molte regioni è scattato lo stop alle attività di vendita di piante a causa di una errata interpretazione del Dpcm del 3 novembre scorso, che al contrario ne garantisce la prosecuzione poiché sono considerate come completamento e sbocco della filiera agricola.
“Va specificato che in Lombardia la vendita resta attiva e che, al momento, non abbiamo segnalazioni di stop sul territorio. Ma altrove la situazione è completamente ribaltata”.
Alcune ordinanze locali hanno, infatti, chiuso immotivatamente gli spazi dedicati a piante e fiori all’interno di molte strutture come centri commerciali, supermercati e ipermercati, secondo quanto denunciato dalla Consulta Florovivaistica della Coldiretti in una lettera indirizzata ai principali gruppi della Grande distribuzione organizzata, a Federdistribuzione e alle Autorità istituzionali coinvolte.
Lo stop alle realtà commerciali che superano i 250 metri quadri ha inoltre interrotto l’attività di molti garden che superano facilmente queste dimensioni, inglobando spesso aree di produzione e di vendita, senza che a livello regionale o comunale ne sia stata riconosciuta l’eccezionalità.
Il rischio è che venga favorito l’acquisto di piante di plastica che – precisa la Coldiretti provinciale – arrivano molto spesso dalla Cina e non solo consumano petrolio e liberano gas ad effetto serra per la loro realizzazione e il trasporto, ma impiegano oltre 200 anni prima di degradarsi nell’ambiente.
Al contrario gli alberi naturali sono coltivati nei vivai soprattutto nelle zone montane e collinari in terreni marginali altrimenti destinati all’abbandono e contribuiscono a migliorare l’assetto idrogeologico delle colline ed a combattere l’erosione e gli incendi.
Il problema oltre al tradizionale albero natalizio e alle stelle di Natale va a colpire – precisa Coldiretti Varese – anche ciclamini e altri tipologie di piante in vaso e di fiori recisi, che sono ormai pronti per la vendita e che rischiano di andare buttati con un danno gravissimo per un settore che ha già pagato un conto da oltre 1,5 miliardi di euro a causa della pandemia per i limiti a matrimoni, eventi e cerimonie, con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, dai vivai ai negozi.
Un vero e proprio tsunami per il settore florovivaistico nazionale al quale l’emergenza ha creato anche problemi all’export con blocchi al confine e in dogana di tanti paesi Ue ed extra Ue, a causa di ritardi e difficoltà nei trasporti e nella vendita.
Da tutelare c’è il futuro di un comparto e chiave del Made in Italy agroalimentare, con il valore della produzione italiana di fiori e piante stimato in 2,57 miliardi di euro grazie a 27mila imprese con circa 200mila posti di lavoro che ora si trovano in gravissime difficoltà: nella sola provincia di Varese, sono un migliaio le imprese florovivaistiche che generano un indotto di migliaia di posti di lavoro, da cui dipendono altrettante famiglie.