I prezzi al consumo dei prodotti alimentari e delle bevande schizzano del 4,6% con il rincaro dei beni energetici che si trasferisce sulla filiera agroalimentare e colpisce agricoltori che sono costretti a vendere sottocosto e i consumatori con ben 5,6 milioni di italiani che si trovano in condizioni di povertà assoluta in difficoltà nel fare la spesa.
E’ quanto afferma Coldiretti Varese in riferimento ai dati Istat sull’inflazione a febbraio che evidenziano un balzo del 45,9 % per l’energia che si riflette sui prezzi di molti prodotti alimentari.
“Se i prezzi per le famiglie corrono, i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori – denuncia il presidente della Coldiretti provinciale, Fernando Fiori – non riescono, neanche a coprire i costi di produzione con il balzo dei beni energetici che si trasferisce infatti a valanga sui bilanci delle imprese agricole costrette a vendere sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera. Per il balzo dei costi energetici l’agricoltura deve pagare una bolletta aggiuntiva di almeno 8 miliardi su base annua, rispetto all’anno precedente, che mette a rischio coltivazioni e allevamenti e l’intero comparto ortoflorovivaistico del Varesotto”.
L’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari è dovuta sia a quelli lavorati (+3,1%) che non lavorati (+6,9%) con le tensioni inflazionistiche che si propagano al cosiddetto “carrello della spesa”. In testa alla top ten dei prodotti alimentari che hanno fatto segnare il maggior incremento di prezzi con un balzo del 19% c’è – rileva la Coldiretti provinciale – l’olio di semi come il girasole importato dall’Ucraina che ha dovuto interrompere le spedizioni e si registrano accaparramenti e scaffali vuoti. A seguire sul podio forti rincari fa registrare con un +17% la verdura fresca anche per gli alti costi di riscaldamento delle serre e la pasta (+12%) con la corsa agli acquisti nei supermercati per fare scorte. Aumenti dei prezzi significativi fanno segnare nell’ordine burro (+12%), frutti di mare (+10%), farina (+9), margarina (+7%), frutta fresca (+7%), pesce fresco (+6%) e carne di pollo (+6%).
In un Paese come l’Italia dove l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio – sottolinea la federazione Coldiretti – ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa di consumatori con il rischio di alimentare psicosi, accaparramenti e speculazioni. L’aumento dei costi si estende all’intera filiera agroalimentare, dai campi all’industria di trasformazione fino alla conservazione e alla distribuzione ed occorre intervenire nell’immediato per contenerli e non far chiudere le attività produttive e distributive essenziali al Paese.
“Bisogna intervenire per contenere il caro energia e ridurre la dipendenza dall’estero per l’importazione di prodotti alimentari” continua Fiori nel sottolineare che “l’Italia deve puntare ad aumentare la propria produzione di cibo recuperando lo spazio fino a oggi occupato dalle importazioni che sono sempre più esposte a tensioni internazionali e di mercato, lavorando per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali”.
“Per questo bisogna agire subito – conclude il presidente Fiori – facendo di tutto per non far chiudere le aziende agricole e gli allevamenti sopravvissuti incentivando le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso l’Ismea, prevedendo nuovi sostegni urgenti per filiere più in crisi a causa del conflitto e del caro energia e fermando le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali. E poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le NBT a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.