Pubblichiamo articolo scritto da Claudio Antonelli, che ringraziamo per la gentile concessione, in ricordo dell’Ambasciatore Francesco Paolo Fulci scomparso il 21 Gennaio scorso
di Claudio Antonelli La morte dell’Ambasciatore Francesco Paolo Fulci suscita in chi l’ha conosciuto un sentimento di profondo rimpianto, e anche di solitudine. Soprattutto a noi, italiani d’oltreoceano, mancherà la sua magnifica presenza che da lontano continuava idealmente a confortarci e ad ispirarci.
Una delle prime volte che lo incontrai – Fulci fu ambasciatore d’Italia ad Ottawa dal 1980 al 1985 – mi disse: “Ho sempre cercato di inculcare nei miei collaboratori la sensibilità verso le esigenze della povera gente. Non tollero quegli impiegati che hanno atteggiamenti da pascià orientale. Ecco perché vado sempre negli uffici.”
Con quelle parole mi conquistò. Fulci cambiò stile e sistemi, nei consolati ed ambasciate, nei confronti degli emigrati italiani, e formò nuovi esemplari di diplomatici. Basti pensare allo straordinario Gian Lorenzo Cornado, uscito dalla sua scuola.
L’Ambasciatore si rese subito conto che molti canadesi avevano un’idea misera dell’Italia che collocavano allo stesso livello di Haiti e dell’India. Si diede da fare. Operò concretamente perché l’Italia, e il suo notevole sviluppo industriale, la sua cultura, fossero meglio conosciuti. Migliorò grandemente anche l’interscambio commerciale.
Un diplomatico come Fulci, dinamicissimo, stratega nato, e abile conquistatore di sentimenti di amicizia, di ammirazione e di riconoscenza (fu molto stimato anche da Pierre Trudeau) innalzò notevolmente l’immagine e la presenza dell’Italia in Canada.
L’Ambasciatore è stato senza ombra di dubbio ciò che i giornali ci dicono, e il suo curriculum vitae e le tante prestigiose onorificenze ottenute attestano ampiamente: un genio della diplomazia, un essere audace, innovatore, dotato di un carisma eccezionale. Ma siamo noi che lo abbiamo conosciuto da vicino i testimoni indiscutibili della sua straordinaria umanità e la sua vicinanza alla gente semplice, agli emigrati, ai “paesani”, spesso trattati invece con sufficienza nelle istituzioni italiane all’estero. Ma anche qui c’è un “prima di Fulci” e un “dopo di Fulci”.
Ad Ottawa, a New York, a Bruxelles e ovunque egli sia stato, raggiungendo sempre i vertici (dopo la carriera diplomatica si isserà al vertice della Ferrero, gigante delle esportazioni) ha introdotto il suo modus operandi, il suo stile, le sue straordinarie capacità strategiche. Soprattutto egli ha creato un vivaio di “suoi” uomini, ossia un’intera generazione di diplomatici usciti dalla sua scuola, come conferma Ettore F. Sequi, Segretario generale della Farnesina, nell’articolo del C. della S.: “Fulci, leggenda della diplomazia. Ci educò all’onore di servire l’Italia”.
Posso dire che anch’io sono un soldato, al servizio ideale dell’Italia. L’ambasciatore immediatamente capì che avevo a cuore l’immagine dell’Italia e gli emigrati italiani, che occorreva difendere contro gli sgangherati pregiudizi di quell’epoca infausta. Quindi – scusate l’immodestia – l’Ambasciatore non mi creò ma riconobbe il soldato in me e mi incluse nella cerchia dei suoi fedeli.
Ho una corrispondenza con lui, che dice molto su di lui ma anche su di me, poiché l’Ambasciatore capiva immediatamente gli uomini e fu sempre generoso di sentimenti nei miei confronti.
La mia origine istriana, e il mio forte sentimento nazionale, hanno contato molto nel nostro rapporto d’amicizia. L’Ambasciatore incarnava quell’Italia che noi, antica gente dell’“Italia irredenta”, abbiamo sognato nei secoli, per vedere poi questa nostra idea, così lusinghiera, smentita dalla conoscenza diretta degli italiani dello Stivale … Ma all’improvviso io trovavo incarnata, in questo condottiero leale e generoso, proprio quell’Italia ideale tanto sognata dai nostri padri.
Un giorno, infatti, gli dissi con assoluta sincerità: “Caro Ambasciatore, lei esprime l’Italia non quale essa è, ma quale la nostra patria potrebbe e dovrebbe essere.” Giudizio che mi suona adesso amaro, perché vedo l’Italia impoverita dalla scomparsa di questo suo magnifico condottiero.
Note biografiche di Claudio Antonelli
Claudio Antonelli (Antonaz) è nato a Pisino. Ha trascorso la sua giovinezza a Napoli e oggi vive a Montréal. E’ autore di “Fedeli all’Istria, Fiume Dalmazia – Noi , profughi emigrati” (Lòsna & Tron, 1997); “Il sogno dell’America nell’Italia fascista: Pavese, Vittorini e gli americanisti – La genesi letteraria di un mito” (Lòsna & Tron, 1997) e di “Sradicamento, appartenenza, identità” (Lòsna & Tron 2002). Si è laureato in giurisprudenza all’Università degli studi di Napoli, e all’Università de Montréal (LL.L.Droit), Master in bibliotecnomia alla Università di Montréal, Ph.D. in letteratura italiana (Dean’s Honour List allaMc- Gill University (Montréal )
(crediti Famiglia Cristiana)