Il professore Antonio Orecchia, docente dell’Università Insubria di Varese, giovedì 12 Maggio, alle ore 18.00, ha presentato all’incontro settimanale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd) Comitato di Milano il libro “Le foibe e l’esodo tra storia e cronaca”.
Pubblichiamo una sintesi dell’incontro a cura di Claudio Fragiacomo , membro del Comitato di Milano dell’Anvgd (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia) che ringraziamo per la gentile concessione.
di Claudio Fragiacomo «Il titolo scelto dal professore, che insegna all’Università dell’Insubria di Varese, propone il dualismo cronaca-storia con cui affrontare gli avvenimenti classici di Foibe ed Esodo che connotano la storia del Confine Orientale.
Il titolo scelto dal professore, che insegna all’Università dell’Insubria di Varese, propone il dualismo cronaca-storia con cui affrontare gli avvenimenti classici di Foibe ed Esodo che connotano la storia del Confine Orientale.
In una ricerca precedentemente affidata ad uno studente come tesi di laurea, il Prof. Orecchia ha esaminato tutti gli articoli della stampa lombarda (dal 1947 al 1954) che parlavano dei problemi degli Istriani, Fiumani e Dalmati, esaminando minuziosamente anche la stampa a livello provinciale. I risultati sono stati riuniti in un lavoro che ha il merito di aver preservato dall’oblio quell’immensa mole di notizie che raggiungeva la popolazione lombarda in quegli anni. La cronaca è stata quindi preservata nel suo valore di testimonianza per la formazione di una pubblica opinione su quei fatti.
Ma il tema centrale dell’intervento del Prof. Orecchia, in questa conferenza, era di esaminare il rapporto intercedente fra la cronaca, memoria e storia. Devo confessare che è stato utile sentire un’opinione diversa dalle solite: il professor Orecchia si è formato in un ambiente diverso da quello giuliano, vista anche la collocazione geografica dell’Università. Ed in effetti, a monte di tutti gli avvenimenti, il relatore ha esaminato il Novecento, basandosi su storici europei ed internazionali che ha citato con grande dovizia di nomi. Il dissidio fra cronaca, memoria e storia, caratterizzante così spesso la vita culturale italiana, non è un fenomeno solo italiano, ma riscontrabile in molte altre nazioni e territori. Il relatore ha fornito alcuni esempi in merito.
Si è passati quindi alla trattazione degli avvenimenti che hanno caratterizzato il fronte orientale a partire dal ’45, con alcuni rimandi al ’44. È stata contrapposta la visione ottimistica, positiva, ricca di prospettive dell’opinione pubblica dello Stivale dopo la liberazione con quella piena di preoccupazione, pessimistica, della gente del confine orientale, dove per intero si percepiva il senso della sconfitta. In quei momenti la ragion di stato, quella degli alleati, soprattutto americani, aveva costretto a tacere sui crimini che venivano commessi, che erano peraltro noti e fino ad un certo momento taciuti per le convinzioni ed i rapporti internazionali del presidente Roosvelt.
Quindi la corsa per Trieste e le persecuzioni del 1945, viste dal punto di vista degli jugoslavi, si spiegano con l’atteggiamento tenuto dal presidente americano Roosvelt. Vengono citati documenti e relazioni che evidenziano la brutalità dei titini, che danno alla trattazione del relatore particolare evidenza e chiarezza.
L’ultimo tema affrontato è stato quello del cosiddetto silenzio sulla storia del Confine Orientale, silenzio imputato alla politica. Secondo il relatore, l’opinione pubblica, come risulta dallo spoglio della stampa da lui effettuato nella ricerca, era informata, e il conseguente silenzio poteva essere frutto di una sola parte politica. Comunque, essendo l’Italia in un regime democratico, la verità avrebbe dovuto trapelare uscendo da quell’occultamento. Piuttosto si è trattato del silenzio di una generazione, che ha deciso di seppellire i propri ricordi, il proprio vissuto, per “pigrizia”, o meglio per non far pesare sui diretti discendenti il proprio dramma, per non investirli del proprio dolore.
La perdita di territori conseguente all’accordo di pace di Parigi è stato un “vulnus” inaccettabile all’atto della nascita della Repubblica, come anche il completo abbandono di un territorio occupato da sempre dalla popolazione italiana: Una sconfitta bruciante pagata dai soli abitanti di quelle terre-così si esprime lo storico Silvio Lanaro.
Una narrazione chiarissima, quella del Prof. Orecchia, caratterizzata da un ritmo incalzante che ha affascinato gli ascoltatori.