L’isola degli orrori, Golig Otok

Golig Otok, conosciuta dagli istriani come “Isola calva” e dagli slavi “Isola nuda” campi di rieducazione che creò Tito per educare al socialismo jugoslavo. E’ il tema che l’Anvgd di Milano, tratterà giovedì 3 Giugno alle ore 17.30, sempre in diretta Fb alla pagina dell’associazione (https://www.facebook.com/groups/2559430654128300).

Il relatore Matteo Carnieletto giornalista de “Il Giornale.it” ha presentato  il suo reportage in fase di preparazione. Durante l’incontro letture tratte da un racconto di Roberto Stanich “Quando un paradiso diventò Inferno”. Riportiamo qui un breve sunto dell’incontro a cura di Claudio Fragiacomo. 

Claudio Fragiacomo. «Sarà la curiosità, o più probabilmente la grande simpatia che ispira questo giovane giornalista interessato alla nostra storia, che sono stati motivo di richiamo di numerosi amici. La conferenza del giovedì verteva sulla presentazione del prossimo reportage di Matteo Carnieletto e Ivo Saglietti (un famoso fotografo) sull’isola degli orrori “Goli Otok”. Su suggerimento della nostra attenta Viviana Facchinetti abbiamo intervallato al dialogo dei passi tratti da un racconto in dialetto di Roberto Stanich, che aveva affrontato col suo solito tono leggero un argomento così tragico. Isola Segreta, così la chiama Stanich, Isola Calva, 3×3 km di superficie, isola impervia, questa, esordisce Carnieletto, è la nostra meta. Meta nel passato anche di 30.000 dissidenti (ma i numeri non sono certi), dissidenti del regime voluto da Tito, dissidenti di un comunismo revisionista allontanatosi da quello ortodosso di Stalin. Con parole crude il narratore Stanich descrive l’impatto che l’isola ha avuto su un suo finto cugino, introdotto come personaggio chiave nel racconto. Queste le sue parole: “io sono un uomo morto, mi hanno distrutto l’anima, il mio corpo è diventato un involucro, la mia anima, il mio spirito sono rimasti là…” Lo scopo della detenzione all’Isola Calva, sostiene Carnieletto, era proprio questo, annientare la persona, i metodi erano simili a quelli usati dai peggiori regimi dittatoriali nel fiaccare gli oppositori, i prigionieri venivano tramutati in carnefici nei riguardi dei nuovi venuti. In quell’isola i lavori imposti dovevano essere svolti senza l’uso di attrezzi, si era costretti a fare tutto di corsa, come -ricorda Carnieletto- gli ignavi nel terzo canto dell’Inferno. Regnava la violenza brutale, la violenza fine a sé stessa, la distruzione dell’essere inteso come insieme di corpo e volontà. Ma chi erano quei colpevoli? Gli stessi idealisti jugoslavi, che avevano intravvisto nell’internazionalismo e nella giustizia sociale predicata dal comunismo il fondamento della loro fede politica: furono barbaramente seviziati ed uccisi, in numero di quattromila. I puniti non erano solo gli italiani a vario titolo “nemici del popolo”, ma tutti gli slavi che non condividevano la politica voluta dal dittatore Tito. Osservazione che vanifica molte tesi giustificazioniste sugli eccessi compiuti dalle milizie titine come risposta alle violenze fasciste. La conferenza si è conclusa con l’esposizione del travaglio a cui è stato sottoposto il “finto cugino”, a partire dall’arresto, alla traduzione all’isola, al suo ritorno. Di simili fatti si sono avute descrizioni, basate sui racconti dei sopravvissuti; le testimonianze sono state poche, perché anche per testimoniare è necessaria un’energia, che automaticamente si esaurisce quando il testimone cerca di esporre quei fatti: sono accadimenti che non si possono esprimere, imprigionati per sempre nell’intimo delle persone. Nella mia qualità di curatore tecnologico della conferenza ho notato che, per la prima volta, alcuni dei soliti amici, che ci seguono, hanno manifestato alla fine la loro emozione, legata a questo pezzo di storia. Un’esule residente in Sardegna ha ricordato una sua conferenza, alla quale alla fine si è associato Roberto Stanich che ha commosso l’uditorio con il suo racconto dell’”Isola Segreta”. Un referente ANVGD di Bologna ha ricordato un suo viaggio all’isola con la sua famiglia in occasione di un soggiorno ad Arbe. Ho molto apprezzato anche l’intervento di un collega dalla Liguria, che rende omaggio ai luoghi della memoria istriana con iniziative interessanti e utili e che in passato si è sentito in obbligo di visitare Goli Otok per rivivere sul luogo la presenza di quegli sventurati. Ha espresso un desiderio ed un auspicio, che sia possibile acquistare qualche metro quadrato di quell’ isola, per potervi mantenere un ricordo perenne del dramma vissuto da innumerevoli infelici esseri umani in quell’inferno che di umano non aveva nulla.»

(immagine crediti wikipedia)

Condividi:

Related posts