“Fu Luz che mi consentì di arrivare alla vittoria, guardò al di là del colore della pelle. Vide ciò che rappresentavo come uomo senza domandare di più” sono le parole di Jesse Owens, l’atleta che vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino nel 1936.
Giuseppe Assandri, laureato in Filosofia, si occupa di educazione alla lettura per ragazzi è l’autore del libro “Berlino 1936” pubblicato con edizioni San Paolo.
Il volume racconta la storia di Jesse Owens e di Luz Long. Due atleti il primo americano di colore ed il secondo tedesco.
Si fronteggiarono nelle Olimpiadi del 1936, rappresentarono per quell’epoca un evento epocale dello sport moderno.
In quell’evento due atleti di punta Luz Long per la Germania e Jesse Owens, campione statunitense afroamericano si sfidarono nel salto in lungo sul prato dell’Olympia stadion di Berlino.
In quell’occasione avvenne una cosa imprevedibile i due atleti divennero amici, ma pochi sanno, che l’atleta statunitense vinse le Olimpiadi grazie ai consigli dell’atleta tedesco Luz Long, che per aver consigliato l’avversario fu inviato in guerra e perse la vita in Sicilia nel 1943.
Il volume è il racconto delle loro vite, dopo le Olimpiadi, i due atleti rimasero in contatto scambiandosi numerose lettere, fino alla morte di Long che avvenne nel 1943 in Sicilia.
Due uomini le cui vite furono segnate fin dalla gioventù, quella di Owens dalla povertà e quella di Long dall’odio per la diversità che la Germania di Hitler impose ai tedeschi.
Long che proveniva dalla borghesia vide in Owens un atleta, tanto da aiutarlo e consigliarlo.
Al termine della gara che decreta Owens vincitore, entrambi emozionati si abbracciano tra il boato della folla, saranno immagini che si fisseranno nelle menti delle persone e nella storia.
Owens e Long sono due eroi silenziosi che nella loro vita fecero scelte coraggiose, la loro amicizia che lega tuttora le loro famiglie sono divenuti quel simbolo di fratellanza universale tra i popoli.
Un libro che racconta di una amicizia nata sui campi di gara e consolidata negli anni della guerra. Una storia che dimostra come la rivalità sportiva non si è tradotta in antagonismo e che il valore dell’amicizia si misura nella capacità di sopravvivere agli eventi pur drammatici della vita e al passare del tempo.