Monsignor Rino Fisichella, stretto collaboratore di Benedetto XVI, analizza il pensiero del cardinale Joseph Ratzinger. “Ciò di cui il mondo ha bisogno” edizioni San Paolo, è il titolo dell’opera ed è anche la frase che compare spesso negli scritti di Benedetto XVI.
Joseph Ratzinger viene eletto successore di Pietro il 19 Aprile 2005; ciò che si ricorda delle prime parole dette è che si riteneva un “umile lavoratore nella vigna del Signore” rimarcando la semplicità e l’umiltà che da sempre lo contraddistinguono.
L’opera è divisa in tre parti: la prima parte presenta il contesto storico, ecclesiale e culturale; la seconda parte espone il rapporto tra fede e ragione e le tre virtù teologiche fede, speranza e carità; la terza parte si sofferma sull’incomprensione ed il rifiuto ingiustificato oggetto di contestazione.
La storia di venti secoli e di 266 nomi di Pontefici sono ricordati nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, tutti con la loro storia; ci sono santi ed alcuni che hanno tradito.
I cardinali riuniti in conclave hanno scelto solo dopo quattro scrutini il successore di Pietro, Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI.
Il Papa lo sceglie lo Spirito Santo e lui non può sbagliare. Sette anni, dieci mesi e nove giorni, tanto è durato il pontificato di Benedetto XVI; la fede vede in lui il successore di Pietro qualunque fosse la sua origine quell’uomo è Pietro.
Il titolo del libro “Ciò che il mondo ha bisogno” è stato scelto da Mons. Fisichella per evidenziare la sintesi del pensiero di Benedetto XVI che chiedeva alla ragione di aprirsi e nel fare ciò si rifaceva a Socrate: ciò di cui abbiamo bisogno è una disponibilità inattesa, dobbiamo uscire dalla prigione da noi stessi costruita pronti alla ricerca ed alla umiltà.
Il volume non è una biografia o un’analisi storica del suo Pontificato ma lo studio di tematiche fondamentali del pensiero di Joseph Ratzinger.
La materia “teologica” cara al cardinale Ratzinger non è trattata in modo specifico ma compare come elemento trasversale in ogni tema affrontato a conferma dello stretto rapporto con la liturgia e l’eucarestia di Papa Benedetto XVI.
Fondamentale è la distinzione tra “Papa reale” e “Papa percepito” riferita a Benedetto XVI che per primo ha descritto la crisi culturale ed ecclesiale ed al tempo stesso ha vissuto in prima persona la turbolenza in cui si è venuta a trovare la “barca di Pietro” .
Benedetto XVI ha rappresentato l’angoscia che ha vissuto come uomo, credente, teologo, Papa. Sono 400 i titoli che compongono l’opus teologico di Joseph Ratzinger e tra questi Monsignor Fisichella predilige “Introduzione al Cristianesimo” del 1968, periodo non facile per la Chiesa e l’Occidente.
In quelle pagine è descritto ciò che ha caratterizzato la stagione della contestazione ed il successivo secolarismo con le trasformazioni sociali che portarono ad una società laica dove lo Stato ha scarsa ingerenza nella sfera religiosa e viceversa, garantendo la libertà da leggi ed insegnamenti religiosi.
L’analisi proposta da Joseph Ratzinger non descrive un impianto teorico ma delinea contenuti e comportamenti che i credenti devono seguire per superare la crisi del momento.
Ciò che il “progressismo” e la scienza hanno cercato di creare è un pensiero che rende superfluo “l’ipotesi di Dio”. La scienza ritiene la fede arcaica un’entità appartenente ad una civiltà superata relegando la religione tra le cose del passato.
Questo modo di pensare cambia il rapporto tra uomo e verità; l’uomo non cerca il mistero ed il divino ed è convinto che la scienza un giorno spiegherà ogni cosa che non capiamo.
E’ il rapporto con la verità che deve essere recuperato dall’uomo e dal credente dove la verità stessa prima di essere una ricerca intellettuale è la ricerca di Gesù Cristo che ha detto di essere “la via, la verità, la vita”.
Gioia, pace, unità non sono solo parole ma testimonianze di fede. La fede è capace di orizzonti ampi e profondi rispetto a quelli raggiungibili dalla ragione. Per questo vale la pena di credere.