Don Lorenzo Milani (27 Maggio 1923 – 26 Giugno 1967), quest’anno ricorrono i 100 anni dalla sua nascita. Tanti libri sono stati scritti descrivendo la sua opera di sacerdote dalla nomina a cappellano a San Donato Calenzano fino al suo arrivo a Barbiana.
Per molti la sua figura si è imposta con la famosa lettera a una professoressa, uno scritto nel quale chi si occupava di scuola ed educazione, si è confrontato chiedendosi come colmare il vuoto di futuro delle giovani generazioni.
Don Milani, ancora oggi, è una figura importante ed i suoi insegnamenti sono più che attuali. Il testo “Lettera ad una professoressa” lo ha promosso ad educatore ma anche attore di una pedagogia rivoluzionaria e promotore di un’azione sociale capace di promuovere gli ultimi.
Il libro “Don Lorenzo Milani. L’ esilio di Barbiana” editore San Paolo, autore Michele Gesualdi, (1943-2018) uno dei primi ragazzi per i quali don Milani organizzò la scuola di Barbiana, vuole raccontare chi era Don Lorenzo.
Il libro è impreziosito dai contributi di Tommaso Montanari, Andrea Riccardi e don Luigi Ciotti. L’opera inizia con gli anni di vita al Seminario fino ad arrivare alla sua esperienza di cappellano a Calenzano fino a Barbiana, quest’ultima non fu un esilio o una punizione, come molti credevano, ma divenne il suo maggior successo.
A Barbiana, in un paese semideserto, don Milani riesce a far fiorire la vita e la speranza, prendendosi cura degli esclusi e degli emarginati. Michele Gesualdi dopo Barbiana, fu segretario generale Cisl in Germania, Milano e Firenze, per due volte Presidente della Provincia di Firenze e terminati i suoi impegni amministrativi tornò a Barbiana.
Fu testimone e lo racconta in queste pagine dell’ultimo colloquio che don Milani ebbe con il suo vescovo che venne a trovarlo in quella piccola città di montagna ormai svuotata. Gesualdi lo ha assistito negli ultimi mesi della sua malattia, descrivendo un sacerdote che fu più ammirato fuori dalla Chiesa che dentro le sue mura.
L’autore descrive don Lorenzo come un sacerdote scomodo e oggi lo è ancor di più il suo ricordo leggendo queste pagine.
Era un sacerdote che possedeva una grande fame di verità e giustizia. Viveva in difesa dei poveri aiutandoli a combattere contro le ingiustizie dei potenti. Il suo linguaggio semplice e tagliente infastidiva i potenti ma armava di coraggio i più deboli. La sua guida è il Vangelo.
A Barbiana, piccolo paese racchiuso tra le montagne, a pochi chilometri da Firenze conserva la tomba di don Milani. Ogni cosa in quel piccolo centro parla di un sacerdote che lottò per gli indifesi e i deboli, contro la povertà e un luogo che ricorda che per realizzare grandi opere non occorrono grandi mezzi serve soltanto credere e non arrendersi e amare ciò che si fa senza mai arretrare.
Un sacerdote che per le sue idee sull’obiezione di coscienza, la guerra, l’antifascismo, l’antifranchismo fu bollato come eversivo o comunista, un sacerdote privo nel suo animo della prudenza ecclesiastica che contraddistingueva tanti preti illuminati di Firenze.
Un sacerdote che lottò contro le disuguaglianze scolastiche, lottava per la sua gente, i suoi poveri e i suoi ragazzi ed è così che obbedisce al mandato pastorale che ha assunto e che la Chiesa gli ha dato.