Con il lancio, prima di due missili tattici e poi di due missili balistici (vietati nelle sanzioni imposte alla Corea del Nord) il “dittatore” Kim Jong-un ha nuovamente cercato visibilità sul palcoscenico internazionale. Pyongyang aveva accettato una moratoria sul lancio di missili balistici e sui test nucleari (l’ultimo dei quali, nel settembre 2017, era stato presumibilmente realizzato con un ordigno termonucleare) dopo gli incontri tra il leader nordcoreano e il Presidente USA Trump.
Gli incontri però, e con il passare di mesi, si sono dimostrati infruttuosi, in ragione della distanza tra gli obiettivi che i due leader si ponevano e sulle contropartite alle offerte reciprocamente . Fin da quando ha raggiunto il potere, a seguito della morte del padre, nel 2011, Kim Jong-un ha usato il proprio arsenale missilistico per alimentare, consapevolmente, varie crisi areali principalmente con la Sud Corea, alzando il livello di queste ma senza mai oltrepassare la soglia definita dagli USA come “linea rossa” il cui passaggio avrebbe certamente visto il un intervento militare americano decisivo.
Kim è consapevole del fatto che un conflitto aperto con il Sud e con gli Stati Uniti significherebbe la propria fine, ma sa che, fintanto che il suo arsenale sarà sufficiente per minacciare enormi distruzioni, sia al Sud sia, almeno in prospettiva, al nemico storico, il suo regime potrà continuare a governare quasi indisturbato. Il valore “assicurativo” dell’arsenale nucleare poi è stato, nelle valutazioni di Kim, certamente confermato osservando le esperienze di altri regimi, dall’Iraq di Saddam Hussein alla Libia di Muammar Gheddafi, ed anche il trattamento che gli Usa hanno recentemente riservato al regime iraniano, addirittura non riconoscendo più la validità degli accordi sottoscritti. La Corea del Nord è certamente il Paese più singolare del panorama internazionale.
Anche se la dirigenza di Pyongyang porta avanti moderni programmi missilistici e nucleari, anche se ha realizzato centri per la guerra chimica e batteriologica e possiede una delle più efficaci strutture di guerra cibernetica (che pare usare con una certa disinvoltura), continua ad avere una struttura istituzionale di stampo quasi medioevale.
Per comprendere questa peculiare realtà, e comprendere cosa c’è dentro il paese più chiuso al mondo, non c’è al momento nulla di meglio che il volume realizzato da Stefano Felician Beccari, “La Corea di Kim. Geopolitica e storia di una penisola contesa” (Salerno Editrice). Il libro consente di comprendere molte delle caratteristiche del Paese conosciuto come Regno eremita, a causa della “chiusura” che lo caratterizza da oltre 70 anni.
Il testo realizzato da Felician Beccari aiuta a capire in quale quadro si inseriscano le mosse del leader nordcoreano e perché quel paese vive tale situazione, perennemente sospesa tra pace e guerra sull’orlo del collasso economico. La lettura consente di capire come la stratificazione della società accompagni tutti i momenti della vita dei cittadini nordcoreani alla cui stragrande maggioranza sono preclusi quei diritti elementari riconosciuti (o almeno pretesi) per buona parte dell’umanità.
Un’analisi della Corea del Nord di oggi ove il leader (ed i suoi avi prima di lui) sono ammantati da un’aurea divina. Un’impronta soprannaturale che parrebbe sgretolarsi in questi giorni per l’effetto combinato delle dure sanzioni internazionali cui il paese è sottoposto da alcuni anni, dei tifoni che hanno spazzato la penisola e degli effetti della pandemia che, ancorché negata dal regime, ha certamente imperversato anche nel “regno di Kim”.
Tutti questi eventi hanno sicuramente minato la già traballante economia nordcoreana i cui proventi sono destinati, per almeno un quarto del PIL, a spese militari. Non è escluso che oggi Kim Jong-un tema più sovvertimenti del regime dall’interno che dall’esterno. Le recenti scuse del leader al proprio popolo per gli obiettivi non raggiunti, la pubblica ammissione sulla gravità della situazione, la rinuncia di partecipare ai prossimi giochi olimpici di Tokio sono indicatori dei timori che si vivono nelle stanze del potere di Pyongyang.
Con le analisi sviluppate da Felician Beccari il lettore può sia comprendere con relativa facilita quale possa essere la mentalità dei nordcoreani, ancorché modellata da un continuo lavaggio del cervello sia quali siano i paradigmi che governano le scelte strategiche della nomenklatura della Corea del Nord.
Al termine delle 200 pagine del libro , il lettore potrà provare poi a delineare in proprio possibili evoluzioni di uno scenario che, anche se non sembra, è in continua evoluzione. (Generale Giuseppe Morabito Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation)