“Uno scomodo profeta” così Alessandro Deho infermiere professionale in psichiatria ed ematologia e prete dal 2006 descrive la figura del beato Carlo Acutis. Dehò autore del libro “Se Carlo Acutis avesse trent’anni” edito da San Paolo (pp. 160, 15,00 euro) i profeti scomodi come Carlo sono colore che ti cambiano la vita, che ti provocano e a volte procurandoti dolore.
L’autore nel libro si pone la domanda “Che cosa avrebbe detto ai suoi coetanei di oggi, ai giovani che lo seguono e, soprattutto, a chi non lo ha ancora scoperto se fosse rimasto tra noi?
Carlo muore a 15 anni nel 2006 all’ospedale San Gerardo di Monza di leucemia, dai racconti dei suoi familiari l’adolescente prestava conforto nel tempo libero ai senza tetto di Milano. Papa Francesco propone la figura di Carlo come modello di santità dell’era digitale. La memoria liturgica di Carlo è celebrata il 12 Ottobre, giorno della sua morte.
Un ragazzo semplice giocava a calcio che come tanti suoi coetanei ed era attratto dai mezzi di comunicazione moderni, appassionato di informatica attraverso il quale parla del Vangelo per comunicare i valori cristiani.
L’opera vuole essere un colloquio tra l’autore e Carlo, dove Dehò si trova a fare i conti con la schiettezza cristiana del giovane beato. Un libro che vuole essere una riflessione su ciò che siamo e su quanto veramente siamo liberi.
Dehò si confronta con Carlo sul tema della libertà che non significa poter fare ciò che si vuole, ma resistere alle tentazioni, di sapersi dare un limite e che l’amore non è mai possesso. Nel libro di Dehò il ritratto di un adolescente normale e allo stesso tempo eccezionale. Un giovane che ha posto l’uso responsabile dei social media e ognuno deve saper cogliere il meglio delle nuove tecnologie che devono sempre essere al servizio dell’uomo per il bene dell’umanità.