Pubblichiamo e ringraziamo per la gentile concessione l’articolo di Gaetano Masciullo. Filosofo, autore, podcaster e collaboratore del gruppo editoriale italiano Fede & Cultura. Autore di “L’Ariete del modernismo” (2022) e “La Tiara e la Loggia” (2023), è impegnato anche nella divulgazione della filosofia e della teologia cattolica. Da gennaio 2024 è collaboratore di “Young Voices Europe”.
Il regno di Francesco sarà ricordato, a ragione, come una delle pagine più confusionarie e problematiche della storia della Chiesa. Francesco stesso, del resto, ha dichiarato: “Non è da escludersi che entrerà nella storia come il papa che avrà spaccato la Chiesa cattolica”. Tale Pontificato, tuttavia, non è un fenomeno improvviso, ma l’esito di un lungo processo di trasformazione dottrinale, organizzativa e amministrativa dell’istituzione ecclesiastica che vede le proprie origini storiche addirittura all’inizio del Novecento, e ha trovato come proprio momento di accelerazione l’anno 1962, con l’indizione del Concilio Vaticano II.
A livello teologico, questa trasformazione – che per il cattolico consiste in una vera e propria corruzione, degenerazione – prende il nome di modernismo, il quale non è semplicemente l’esito dell’influenza del “mondo moderno” (qualunque cosa questo significhi) nella mentalità cattolica, ma qualcosa di più e ben complesso, ossia il tentativo di conciliare il pensiero teologico cattolico tradizionale con la filosofia moderna.
Detto questo, è interessante osservare che i progressisti, che oggi sembrano occupare ruoli di grande importanza all’interno del governo della Chiesa cattolica, agiscono coniugando due direttive apparentemente in contraddizione: dal punto di vista morale, essi favoriscono un certo “permissivismo” più o meno moderato e il superamento delle posizioni etiche tradizionali (per esempio contro divorzio, aborto, pratica dell’omosessualità, eutanasia, ecc.); da un punto di vista sociale e politico, invece, favoriscono un forte accentramento dei poteri statali e sovrastatali, tramite la propagazione o la manifestazione di simpatia per teorie collettiviste e autoritarie molto forti, fino a sfociare a tendenze di chiaro orientamento comunista.
Queste linee interpretative permettono di bene comprendere le polemiche che imperversano oggi all’interno della Chiesa cattolica, anche da parte di chi non è cattolico e non segue con assiduità le vicende vaticane. Tuttavia, non è detto che questo regime sinistrorso della Chiesa sia destinato a durare anche dopo la fine dell’era Francesco.
Il vescovo di La Plata (Argentina), Víctor Manuel Fernández, è stato di recente nominato dal papa cardinale (30 settembre 2023), ma – in maniera un po’ insolita – era stato nominato già mesi prima come Prefetto del Dicastero della dottrina della fede (luglio 2023), un ruolo particolarmente nevralgico della Curia romana e quindi del governo dell’intera Chiesa. Peccato che il cardinal Fernández – in patria noto come El Tucho – sia totalmente inadatto al ruolo che adesso ricopre. Tale precipitosità è in realtà il sintomo di una certa “fretta” di governo: dopo i fallimenti mediatici dei cardinali Luis Antonio Tagle e Matteo Maria Zuppi, adesso è giunto il momento per Fernández di dimostrare a Francesco e al partito progressista della Chiesa di essere il perfetto delfino e successore dell’attuale regnante. Ma la partita è tutt’altro che facile, anzi i primi venti contrari si sono fatti sentire in un modo già clamoroso.
La promulgazione da parte del Dicastero per la dottrina della fede della Dichiarazione Fiducia supplicans, avvenuta pochissimi giorni prima del Natale, ha destato confusione e indignazione a livello globale, oltre che dissenso tra le principali testate cattoliche, in particolare quelle più conservatrici. Il documento appare come una vera e propria apertura alle politiche LGBT imposte dagli Stati e dagli organismi internazionali. Tale Dichiarazione prevede ora la possibilità per i sacerdoti di benedire le coppie omosessuali (si badi bene: non i singoli omosessuali, cosa che è sempre stata possibile ovviamente benedire, in quanto la Chiesa non bada a differenze di genere, orientamento sessuale o razza per impartire la propria benedizione), introducendo un nuovo tipo di “benedizioni” finora sconosciuto e – a onore del vero – ancora non del tutto chiaro.
Questa Dichiarazione ha suscitato l’indignazione di mezzo episcopato mondiale, segno che la Chiesa, benché sia, per il momento, governata da progressisti, è tutt’altro che composta da persone che la pensano secondo queste categorie. La prima ondata di proteste è infatti giunta dall’Africa, il continente che più di tutti rappresenta il futuro del cristianesimo. Da notare come i cardinali africani che hanno alzato la voce contro il documento sono tutti cardinali di nomina bergogliana. Dopo l’Africa, anche in Europa diverse conferenze episcopali hanno fatto sentire la propria voce con fermezza, vietando ai propri sacerdoti di obbedire alle direttive di Fiducia supplicans. In particolare, queste sono le conferenze episcopali di Ungheria, Ucraina, Polonia, fino ad arrivare ai cinquecento sacerdoti britannici della Confraternita del Clero Cattolico che hanno sottoscritto un documento di contrarietà. Insomma, con l’episcopato africano e diverse conferenze episcopali europee che sollevano la propria voce contro queste nuove disposizioni, il destino del delfinato di Fernàndez sembra oscuro e incerto, annunciando forse un suo tramonto ancor prima del sorgere del suo sole.