Verso la fine dell’anno 1969 anche l’Italia, sulla scorta dei movimenti contestatari nati nelle università americane e poi rifluiti clamorosamente nel maggio parigino, aveva conosciuto la sua tentata rivoluzione: occupazione delle università e autunno caldo nelle fabbriche, contestazioni ecclesiali e occupazione persino di chiese, rivolta contro ogni autorità e rivendicazione di diritti nel senso più ampio.
In quei mesi un giovane cantautore, cresciuto nella Gioventù Studentesca di don Giussani ,compone un canto, La Ballata del potere, destinato creare polemiche tra i rivoluzionari e entusiasmo tra i giovani cattolici impegnati nelle università.
Così il testo:
“Lo dicevo tutto il giorno: questo mondo non è giusto!
E pensavo anche di notte: questa vita non dà gusto!
E dicevo: è colpa vostra, o borghesi maledetti,
tutta colpa dei padroni e noialtri poveretti…
E noialtri a lavorare sempre lì nell’officina,
senza tempo per pensare dalla sera alla mattina…
Forza compagni, rovesciamo tutto e costruiamo un mondo meno brutto!”
Chi ha qualche anno sulle spalle ricorda bene come questo fosse il clima che si viveva in quegli anni, incubatori di tanti drammi futuri. Chieffo ha uno sguardo penetrante su quel tempo, così il canto prosegue:
“Ora tu dimmi come può sperare un uomo che ha in mano tutto, ma non ha il perdono!
Come può sperare un uomo quando il sangue è già versato,
quando l’odio in tutto il mondo nuovamente ha trionfato:
c’è bisogno di Qualcuno che ci liberi dal male
perché il mondo tutto intero è rimasto tale e quale…”
Le vicende di questi giorni continuano a richiamarmi alla memoria questa ballata mentre la guerra in Ucraina sembra avviarsi verso una fase ancor più drammatica. Entra in campo anche il Giappone – e questo non è certo un buon segno– con la fornitura di armi che sostituiscono quelle consumate dalle potenze che sostengono l’Ucraina.
La Polonia parla addirittura di inviare truppe sul campo, coinvolgendo di fatto direttamente l’intera NATO. Dall’altro lato del fronte la Russia schiera armi nucleari tattiche e ne fornisce alla Bielorussia.
Un osservatore attento e disincantato come Domenico Quirico scrive sulla Stampa (il giornale più schierato con l’Ucraina e l’Occidente) che la NATO sta per varcare il Rubicone ( titolo che spero possa far comprendere l’irreversibilità di quanto si annuncia).
Sul rumore delle armi non si alza, in tutto il mondo, una voce di politici che si opponga con decisione a questa terribile spirale di morte.
Perché di questo si tratta. Morte e distruzione. L’Ucraina sta perdendo intere generazioni di giovani e in misura diversa la Russia. Chi scriverà il dopoguerra, perché comunque un dopoguerra ci sarà: quello che non sappiamo è il quando, e dopo ancora quanti lutti? E chi governerà il dopoguerra?
Sono domande inquietanti di fronte a una guerra che, dobbiamo dircelo, è una guerra civile tra popoli europei (se pensiamo quanta storia comune hanno i due paesi in conflitto) e, cosa ancora più drammatica, è una guerra interreligiosa, se è vero che siamo nel pieno dell’Ortodossia, per quanto divisa e lacerata sia questa fede cristiana, e nessuna delle due parti rifiuta questa appartenenza. Un doppio scandalo.
La guerra continua e viene alimentata nell’illusione che una delle due parti possa sconfiggere e distruggere l’avversario. Scenario non proprio credibile e tuttavia se anche lo fosse, ci dobbiamo domandare: quale potrebbe essere il futuro di un’Europa profondamente ferita dall’odio tra due popoli un tempo fratelli? L’UE afferma che la ricostruzione dovrà essere pagata dalla Russia: si possono certo ricostruire le case, sminare i campi, rifare infrastrutture. Ma chi può risanare i cuori dall’odio che la guerra inevitabilmente genera, dall’ansia di vendetta e di rivincita?
Un’Europa che non fosse miope ricorderebbe il dramma dei dopoguerra del secolo scorso. Nel primo l’insipienza delle élite liberali fu causa dell’avvento di fascismo e nazismo. Nel secondo la presenza di politici illuminati (non a caso per lo più di fede cristiana), seppe operare nel senso della riconciliazione tra i popoli assieme alla ricostruzione dalle macerie.
Quanto ci mancano voci autorevoli che rifiutino di guardare la realtà solo con gli occhi del tifoso, pro o contro! Quanto ci mancano sulle prime pagine dei giornali i commenti di un Pasolini o, ancor più, di un Testori, capaci comunque di guardare la realtà attraverso la carne degli uomini concreti.
Come mancano profeti come don Giussani che di fronte allo scatenarsi da parte degli Usa della seconda drammatica guerra del Golfo, le cui conseguenze sono ancora oggi sulla carne viva di quei popoli e soprattutto delle minoranze cristiane, non aveva dubbi nel condannare quell’atto di guerra senza per questo rinnegare il valore della democrazia americana!
Per non parlare della testimonianza continua e potente di Giovanni Paolo II che contribuì allo sgretolamento di un sistema di dominio in apparenza inscalfibile. Oggi le iniziative del papa trovano un flebile ascolto, non solo tra le parti in causa.
C’è un silenzio drammatico: sembrano tacere anche le voci del dissenso che – durante il dominio sovietico –facevano giungere in occidente le testimonianze, pagate a caro prezzo, della presenza di una vita diversa.
Oggi che, come ha recentemente scritto un filosofo francese, l’Europa ha perso la propria anima, essa rischia di non sapere più nemmeno difendere e valorizzare il proprio corpo, ricco di conflitti, ma anche capace nel corso della storia, di momenti di riconciliazione e perdono.
E’ un’Europa che tende a rinchiudersi dentro le mura di un occidentalismo sempre meno cosciente dei suoi valori per difendersi rispetto alle nuove potenze e alle diverse nazioni che intendono giocare un ruolo da protagonisti nel nuovo mondo di oggi. Un’Europa incapace di riconciliarsi con i suoi “due polmoni”, Est e Ovest, ed esposta ad essere preda di una globalizzazione che non fa il suo interesse.
La genialità del canto di Chieffo indica una strada: chi saprà percorrerla?