Generale Giuseppe Morabito Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation – La regione balcanica è stata, sin dalle guerre di dissoluzione della Jugoslavia comunista di Tito della fine del secolo scorso, limitata ai soli Balcani occidentali e più precisamente ai “Balcani Sei” (Serbia, Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord, Kosovo e Montenegro). Questo dopo un periodo di rifiuto del termine stesso di “Balcani”, considerato come idealmente fuori dall’Europa.
Considerazioni storiche ben fondate a parte, questi paesi, nonostante le loro diverse posizioni o fasi di integrazione nella comunità euro-atlantica, condividono gli stessi interessi strategici: la vitalità e la sostenibilità delle loro economie; il declino demografico e l’emigrazione giovanile spesso dovuta al malgoverno; l’urgenza di riprendersi dalla depressione indotta dal “Virus di Wuhan”; la necessità di diversificare le fonti energetiche, soprattutto quelle più inquinanti; la minaccia della criminalità organizzata; l’importanza di un rapporto equilibrato con grandi potenze esterne come Cina Popolare e Russia e di recuperare stabilità e sicurezza nel Mediterraneo orientale e nel Mar Nero nonostante l’arroganza del governo turco.
Il panorama della sicurezza è stato particolarmente influenzato da: una combinazione negativa di conflitti congelati e attivi sulle rive di tutti e tre i mari (Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Siria, Transnistria, Ucraina, Georgia ad esempio) e gli effetti di un aumento delle potenze globali’ concorrenza.
l clima politico generale nella comunità euro-atlantica è segnato da una volontà diffusa di ricostruire, su basi migliori, legami che non solo sono duraturi, ma che forniscono ancora una protezione solida e condivisa, pur continuando a proiettare stabilità.
Per l’Europa tempi sono maturi per cogliere una visione più concreta e strategicamente fondata della regione: una penisola delimitata dall’Adriatico, dall’Egeo e dal Mar Nero, la cui sicurezza è inevitabilmente interconnessa e interdipendente. I Balcani sono il crocevia di culture e influenze straniere, di opportunità e sfide, la stabilità e la sicurezza del Sud-Est Europa sono quindi inevitabilmente legate a quelle della comunità euro-atlantica.
Nel cuore dei Balcani c’è il territorio del Kosovo dove la NATO da moltissimi anni si impegna per garantire la pace e la stabilità.
Lo scorso 1 luglio il Segretario Generale della NATO Stoltenberg , ricevuto dal Generale dell’Esercito Italiano Franco Federici, attuale Comandante della Kosovo Force (KFOR), ha effettuato una visita alle forze dislocate in Kosovo.
Durante la visita Stoltenberg ha incontrato una rappresentanza di militari delle 28 Nazioni che compongono il contingente impiegato nell’area, evidenziando come KFOR sia la missione più longeva della NATO e, con la fine della missione in Afghanistan, anche la più numerosa. KFOR rappresenta un successo per l’Alleanza (e l’Italia) considerato l’attuale clima di sicurezza in cui le comunità in Kosovo possono vivere.
Stoltenberg ha manifestato apprezzamento per i risultati dell’operazione militare che, dal giugno 1999, opera nella regione balcanica al fine di garantire libertà di movimento e di mantenere un clima di sicurezza a beneficio delle comunità locali, in ottemperanza a quanto sancito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
Va sottolineato che l’Italia è il primo paese contributore della missione KFOR e ne detiene il Comando per la 12^ volta, 8^ consecutiva, quale simbolo del forte legame con il Kosovo, un’area dei Balcani occidentali con cui abbiamo strette relazioni e dove il nostro impegno è forte e solido da ormai 22 anni.
La guida italiana di KFOR è testimonianza importante e tangibile del grande apprezzamento che la leadership nazionale continua a riscuotere in seno all’Alleanza e da parte dei principali attori regionali. Dei 3.600 militari impiegati in KFOR, circa 600 sono italiani, con una rappresentanza di personale appartenente a tutte e quattro le Forze Armate.
Nei giorni scorsi, successivamente alla visita di Stoltenberg, chi scrive ha incontrato a Pristina due membri del governo kosovaro e, in particolare, sia il Ministro degli interni Xhelal Svecla sia quello della Difesa Armend Mehaj.
Svecla ha rimarcato, negli incontri, la sua visione sulla sicurezza e l’ordine pubblico in Kosovo e quali sono alcune delle aree chiave su cui si concentra il lavoro dell’ attuale governo in risposta alle nostre sfide e necessità attuali.
L’attuale obiettivo è garantire un ambiente sicuro e fornire servizi di qualità a tutti i cittadini e si mira a raggiungere questo obiettivo attraverso una migliore professionalità nell’ organizzazione della polizia, la trasparenza, una maggiore integrità istituzionale, riforme efficaci e una accresciuta fiducia della popolazione. Il ministro è consapevole che il Kosovo affronta molte sfide sia a livello nazionale sia regionale quali la criminalità organizzata transnazionale, la corruzione, il terrorismo, la criminalità informatica, la tratta di esseri umani, il contrabbando di droga e la violenza di genere.
Conscio di queste problematiche, il suo ministero è stato fortemente impegnato, in collaborazione con i partner stranieri, nei primi 100 giorni del nuovo governo e Svecla ritiene di aver ottenuto buoni risultati come ad esempio i 740 interventi contro la criminalità organizzata e gruppi terroristici che sono stati gestiti dalla polizia, le circa 900 persone arrestate e gli otto gruppi criminali scoperti ed eliminati.
Il Ministro ha anche segnalato che sono stati sequestrati più di 400 kg di cocaina in un’operazione congiunta con DEA, polizia italiana e albanese e sono stati confiscati più di 7 milioni di euro. È evidente che sono necessari cambiamenti e riforme affinché la polizia kosovara , con l’età media più bassa in Europa, possa soddisfare al meglio i bisogni e gli interessi delle persone soprattutto migliorando a livello d’intelligence e nell’uso di moderne tecnologie.
A similitudine, il Ministro della Difesa, Armend Mehaj, responsabile della sicurezza nazionale, ha come obiettivo del suo “giovane“ mandato lo sviluppo delle capacità delle Forze di Sicurezza Kosovare (KSF) , in cooperazione con KFOR e altri attori internazionali.
Gli obiettivi principali sono certamente lo sviluppo di piene capacità operative delle KSF per adempiere al compito principale di proteggere la sovranità e l’integrità territoriale del paese, nonché la creazione di capacità militari in grado di partecipare in operazioni congiunte con forze alleate. Raggiungere questi obiettivi, secondo il ministro Mehaj, faciliterebbe l’integrazione e l’appartenenza al sistema di sicurezza regionale. Il sogno dei kosovari rimane l’appartenenza alla NATO attraverso la modernizzazione e l’appoggio di Washington.
Sempre in questi giorni il nostro Sottosegretario alla Difesa Mulè, ha visitato le Kosovo Forces .
Le principali dichiarazioni durante la sua permanenza a Pristina cono state queste: “La vostra (Italiani di KFOR) presenza in Kosovo è strategica, non solo perché qui si sente il respiro dell’Italia, ma perché la stabilità di questa regione ha un valore elevato in termini di sicurezza per l’Europa“. “Siamo leader di una missione NATO che ha l’obiettivo di ristabilire l’ordine e la pace in Kosovo e questo perché credo fermamente che sia stata riconosciuta alle nostre Forze Armate l’eccellente capacità di operare in supporto alla pace e alla stabilizzazione dell’area“. Significativa anche la visita di Mule’ visita al Monastero di Dečani.
Infatti, la sicurezza di questo gioiello culturale rientra tra i compiti dei militari della KFOR che consiste anche nel di proteggere, tutelare e preservare l’integrità e la sicurezza di questa chiesa medievale nei Balcani che contiene, tra l’altro, uno dei più grandi e integri affreschi bizantini, punto di riferimento della Chiesa ortodossa serba in Kosovo.
Non solo il Kosovo è al centro della discussione strategica in Europa dopo la fine, si spera presto, della crisi pandemica proveniente dalla Cina Popolare. Per tutti i Balcani appare urgente un cambio di passo e, parallelamente al processo di adattamento dei Paesi candidati ai criteri per una adesione riuscita alla Unione Europea, un rilancio del percorso di integrazione, rispondendo alle giuste aspettative della regione, accelerando i negoziati con Serbia e Montenegro, convocando le Conferenze intergovernative per avviare i negoziati con Albania e Macedonia del Nord, nel rispetto dei criteri previsti, riconoscendo alla Bosnia Erzegovina lo status di candidato, promuovendo ogni azione utile alla normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo, liberalizzando i visti per il Kosovo e riconfermandone la prospettiva europea.
Un cambio di passo europeo per dare un riferimento ai Paesi dei Balcani occidentali è importante, dopo i disastri economici e sociali causati da “Virus di Wuhan”, soprattutto per i programmi europei su green economy, digitalizzazione, ricerca e innovazione, modernizzazione infrastrutturale.
Così come saranno centrali le decisioni della Commissione Europea sulla gestione dell’immigrazione clandestina e sull’asilo nella speranza che tengano conto dei paesi della regione, ricordando che la rotta balcanica che sembrerebbe ancora alimentata dal governo turco, rimane un potenziale problema anche per la sicurezza da infiltrazioni terroristiche.
Atteso quanto precede e in questo frangente strategico, la NATO Defence College Foundation ha organizzato a Roma, mercoledì 28 luglio, una conferenza che riunirà un pool di specialisti altamente qualificati della regione per discutere, in tre panel, le principali questioni urgenti
- Come accelerare il processo di integrazione UE-NATO nell’area?
- Quali sono le sfide e le opportunità emergenti per la sicurezza?
- Qual è il ruolo dei poteri esterni e degli attori non statali?
La Conferenza dal titolo “Black sea and Balkans perspective. A Strategic Region” sarà trasmessa in live streaming su un quadro digitale ricco di contenuti ed è già possibile registrarsi per seguirla accedendo al sito della Fondazione.
(crediti Ispionline)