Il “harakiri” di giornalisti ed editori

La società di certificazione ADS (Accertamenti diffusione stampa) ha reso noto i dati relativi al numero di copie vendute dai quotidiani nel mese di Dicembre 2023.

I numeri si riferiscono alla diffusione totale e tra parentesi è indicata, in percentuale, la differenza rispetto ad un anno fa.

Corriere della Sera 168.216 (-5%)
Repubblica 94.454 (-14%)
Stampa 67.933 (-13%)
Sole 24 Ore 56.101 (-6%)
Resto del Carlino 52.563 (-12%)
Messaggero 45.870 (-8%)
Fatto 40.375 (-4%)
Gazzettino 34.516 (-5%)
Nazione 34.315 (-12%)
Dolomiten 29.336 (-5%)
Giornale 27.262 (-7%)
Messaggero Veneto 25.005 (-8%)
Eco di Bergamo 22.671 (-8%)
Verità 22.523 (-18%)
Unione Sarda 22.346 (-6%)
Secolo XIX 21.248 (-11%)
Altri giornali nazionali:
Libero 19.076 (-13%)
Avvenire 14.857 (-6%)
Manifesto 12.763 (+5%)
ItaliaOggi 6.641 (-27%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).

Approssimativamente possiamo dire che oggi il numero di giornali acquistati dagli italiani veleggia, per eccesso, attorno al milione, il che significa una riduzione secca di oltre l’85 per cento rispetto agli anni Ottanta, quando la diffusione era di 6 milioni di copie vendute ed aveva sfiorato i 7 milioni nel decennio successivo.

Tale importante contrazione, una vera e propria disfatta, sarebbe stata causata dalla crisi economica: quando mancano i soldi per il pane – è stato detto – non si va all’edicola ad acquistare il giornale. Altri motivi della “débâcle” sarebbero stati la propensione delle nuove generazioni ad usare computer e smartphone per informarsi e la mancanza di investimenti pubblicitari spostatisi dalla carta stampata alla televisione e alla radio.

Qualcuno è arrivato ad individuare l’insostenibile concorrenza delle cosiddette “breaking news”, notizie quasi in tempo reale, che solo i grandi network televisivi sono in grado di offrire.

Ragioni, tutte, che hanno una loro fondatezza, ma che non tengono conto del fatto che i cittadini/lettori sono anche consumatori e come tutti i consumatori, quando vengono delusi da un prodotto che compravano magari da anni, oltre a smettere d’acquistarlo, arrivano sovente a denigrarlo rabbiosamente.

Se un giornale smette di dare notizie e sviluppa solo commenti, alla lunga finisce per deludere il lettore, soprattutto quando questo si rende conto che molti commenti proposti non rispecchiano il suo reale vissuto quotidiano.

Prendiamo il caso della devastante pandemia che ha colpito milioni di persone. Per anni tutti i media (ad eccezione de “La Verità” e, in qualche occasione, de “Il Fatto”) hanno sostenuto che il vaccino era l’unico rimedio per sconfiggere il covid-19. I giornalisti hanno fatto a gara per enfatizzare la dichiarazione di Draghi del 21 Luglio 2021: «L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire. Non ti vaccini, ti ammali, muori oppure fai morire». Le pagine dei giornali sparavano in prima pagina i faccioni dei virologi, del ministro Speranza e degli uomini di spettacolo che pubblicizzavano le vaccinazioni ed esponevano al pubblico ludibrio coloro che dubitavano della loro efficacia o che, timidamente, si chiedevano se non potessero esservi rimedi alternativi ai vaccini.

Grottesco il caso del professor Massimo Galli che, quotidianamente intervistato, raccomandava di farsi vaccinare, ma che, ammalatosi di covid-19 nonostante tre dosi disciplinatamente assunte, doveva ammettere di essere stato curato con farmaci monoclonali.

Altro esempio: dal 24 Febbraio 2022 i giornali sprecano fiumi d’inchiostro per spiegare come l’esercito ucraino abbia causato perdite indicibili a quello russo. Da ieri si scopre invece che, caduta Avdiivka, i soldati di Putin hanno aperta la strada per raggiungere Kiev. Inoltre l’Autocrate di Mosca, dato in procinto di morire perché affetto da tumore e presentato come politicamente isolato nel suo stesso Paese, risulta sorprendentemente dinamico nel muoversi accanto ai principali leader del mondo.

Insomma c’è una narrazione a senso unico che sta segnando il passo. Tanti lettori si sono sentiti ingannati quando hanno verificato che i fatti erano presentati in modo verosimile. Ma la verosimiglianza, l’apparenza di vero, non è la verità.

Da qui la perdita di credibilità di giornalisti ed editori e la conseguente disaffezione tradottasi in crollo delle vendite dei quotidiani.

Impietosa la lapidaria frase fatta girare nella Rete: «Credo che anche in Italia, i più fedeli appassionati di spazzatura, alla lunga si stufino della spazzatura».

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