Il 1° Maggio, festa dei lavoratori, il Governo ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro.
«Il testo interviene con misure volte a ridurre il cuneo fiscale, per la parte contributiva, nei confronti dei lavoratori dipendenti con redditi fino a 35.000 euro lordi annui», spiega una nota di Palazzo Chigi.
Ciò significa un aumento lordo mensile che può raggiungere 100 euro fino a Dicembre, data in cui il decreto dovrà essere riconfermato per diventare strutturale. Inoltre il provvedimento mira «a contrastare la povertà e l’esclusione sociale, con particolare attenzione per le famiglie al cui interno siano presenti soggetti fragili, minori o anziani; a promuovere politiche attive del lavoro, con l’obiettivo di assicurare un’adeguata formazione a chi non ha un’occupazione ed è in grado di svolgere un’attività lavorativa e di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro».
Il decreto introduce anche interventi per rafforzare le regole di sicurezza per i lavoratori e misure per modificare la disciplina del contratto di lavoro a termine.
Maliziosamente i giornali schierati con l’opposizione se ne sono ben guardati di ammettere che, nonostante le scarsissime risorse finanziarie a disposizione, il Governo si sta muovendo per migliorare le condizioni economiche di tanti italiani, soprattutto di quelli che hanno redditi medio-bassi.
Curiosa, per non dire ridicola, la posizione di quegli osservatori che tacciono gli sforzi del Primo ministro di imprimere una svolta alla ripresa economica dell’Italia – ripetiamo: per quanto la situazione contingente rende possibile – e si limitano a commentare che l’unica nota positiva di Giorgia Meloni è di avere cambiato modo di comunicare.
Serpeggia un certo nervosismo tra gli opinionisti di sinistra i quali avvertono come sia sempre meno persuasiva la loro narrazione e di conseguenza come comincino a vacillare le loro posizioni di rendita fin qui godute.
Insomma, dopo anni di egemonia culturale cosiddetta progressista che ha imperato nelle redazioni dei maggiori quotidiani e dettato la propria linea a telegiornali e radiogiornali, sta ora crescendo una compagine di giornalisti non allineati, decisi a non sottomettersi al pensiero unico.
Dei disastri compiuti dall’Amministrazione Biden non si parla; dei criminali errori commessi dall’immunologo Anthony Fauci si tace;
delle diaboliche speculazioni del banchiere Geoge Soros, non ci si occupa; dei diabolici progetti di Klaus Schwab, presidente del Forum economico mondiale, non si documenta nulla; però si scrivono fiumi d’inchiostro per dimostrare che l’Italia è razzista e che alcuni ministri sono fascisti.
Ricordate il Sessantotto? Ebbene, è da allora, da quando Mario Capanna & company si agitavano nelle aule dell’Università Cattolica e della Statale di Milano, che vige l’assioma: «Se non sei di sinistra, sei fascista».
Uno stucchevole ritornello che anche nei recenti giorni, dal 25 Aprile al 1° Maggio, abbiamo sentito ripetere nelle piazze, a distanza di ben 80 anni da quella sera del 25 Luglio 1943 quando, con l’ordine del giorno Dino Grandi, cadeva il fascismo.
Dei guasti delle dittature di destra sappiamo tutto, non altrettanto di quelle di sinistra. Le brutture del nazifascismo sono state passate al setaccio e l’opinione pubblica mondiale ne è al corrente. Purtroppo manca ancora la conoscenza diffusa delle malefatte del marxismo-leninismo per la semplice ragione che al suo brodo ideologico si abbeverano tuttora élite perniciose che governano gran parte del pianeta.
La disumanità delle dittature, di destra e di sinistra, nere, rosse, verdi, gialle o arancioni che fossero, è sempre stata aborrita dal cristianesimo e dalla Chiesa cattolica in particolare.
Ne fanno fede le migliaia di martiri del passato e di quelli che tutt’oggi cadono vittime perché oppositori di quella mefistofelica congiuntura tra totalitarismo cinese e liberismo occidentale che sembra prevalere nell’imperante globalismo dove tutto è subordinato al potere del denaro concentrato in poche mani.
Stiano sereni i progressisti: la “Festa de Noantri” è appena cominciata.