La ricorrenza della Liberazione in Italia è fatta di cerimonie, discorsi ufficiali, convegni, ma è anche tempo di vacanza nelle scuole e occasione per le prime gite delle famiglie.
Oggi, a settantotto anni da quel 1945, che significato ha tale ricorrenza? Ricordare e commemorare il 25 Aprile, data della liberazione, significa ridare il giusto significato alle parole fascismo e antifascismo?
Il 25 Aprile, ogni anno, porta alla ribalta contrasti e il riacutizzarsi di differenti sentimenti e interpretazioni della storia nazionale.
La sua celebrazione dovrebbe essere un’occasione per far nascere una mentalità che annulli quel processo al passato che non fa altro che avvelenare la vita politica e la cultura italiana.
Questo anniversario riporta alla mente, per chi lo ha vissuto, un periodo storico terribile e una vicenda sanguinosa della storia italiana.
La guerra è una orribile realtà, il secondo conflitto mondiale è stato uno degli eventi più tragici nella storia dell’umanità.
L’Europa ha conosciuto uno dei momenti più cupi della sua storia. Adolf Hitler, il dittatore tedesco, mira alla conquista del mondo distruggendo i valori sociali e religiosi di ogni nazione per instaurare un nuovo ordine fondato sul dominio di una razza eletta e sul controllo dei popoli considerati inferiori.
Nei Paesi sottomessi a lui e al suo partito nazionalsocialista o nazista nascono governi collaborazionisti e al tempo stesso movimenti di resistenza che riescono a smuovere le coscienze di uomini e di donne.
L’Italia, con il governo di Mussolini, è a fianco dei tedeschi, ma con l’8 Settembre 1943 si genera una frattura storica e politica. Gli inglesi e gli americani risalgono la Penisola e il resto dell’Italia si trova sotto il dominio tedesco.
Due forze contrapposte combattono sul territorio italiano. Il Governo Badoglio al Sud e il Governo di Mussolini al Nord legati a due eserciti stranieri che occupano il territorio italiano.
Anche in Italia in questo clima di totale confusione si crea una resistenza che assume dimensioni più ampie nel Nord del Paese.
I giovani italiani che vivono nell’Italia sotto il controllo tedesco, chiamati alle armi sono costretti a giurare fedeltà alla Repubblica Sociale di Salò.
In quel periodo sono migliaia i soldati italiani che vengono trasferiti nei campi di concentramento tedeschi per essersi rifiutati di collaborare con le forze armate germaniche.
Il 25 Aprile è oggetto di polemica e scontro soprattutto nell’interpretazione della Resistenza al nazifascismo che si sviluppò a partire dall’8 Settembre 1943 e che si tradusse in una vera e propria guerra civile.
Una data che segna la fine del conflitto dopo 18 mesi di una lotta fatta di violenze e disumane atrocità.
Il 25 Aprile, doveva rappresentare la rinascita e gettare nell’oblio le brutture della guerra, un punto da cui partire per la ricostruzione dell’Italia.
Una festa dal duplice significato dove al ricordo delle atrocità della guerra si associa il desiderio di ripartire e sanare le ferite.
Esistono date nella storia di ogni popolo che uniscono e aiutano a definire la propria identità. I francesi hanno il 14 Luglio 1789, in cui ricordano la presa della Bastiglia; gli americani il 4 Luglio 1776 in cui commemorano la conquista dell’indipendenza dagli inglesi, e noi italiani il 25 Aprile. Si tratta ovviamente di date cariche di alto valore simbolico.
Ma mentre per molti popoli certe ricorrenze affratellano i cittadini, per noi italiani il 25 Aprile è giorno di polemica quando non di vero e proprio attrito.
Si dice che il tempo aiuta a guarire le ferite. Ecco forse occorre avere ancora un po’ di pazienza e sperare che le nuove generazioni, per nulla coinvolte nelle tragiche vicende della guerra civile, trovino finalmente la forza, non di dimenticare la patria storia, ma di contestualizzarla e superarne le fratture.