Generale Giuseppe Morabito – Membro del Direttorio della NATO Defense College Foundation. Non avrei mai pensato a una invasione generale dell’Ucraina da parte della Russia. Così come non avrei mai creduto che il Presidente Putin riuscisse a “ingannare” tutti ovvero a nascondere fino all’ultimo momento possibile le sue reali intenzioni.
Prima di tutto al di là dell’esplicita condanna all’azione militare russa, due considerazioni. La prima è che ancora una volta l’Europa (Unita ?) ha dimostrato la sua debolezza e la sua incapacità sia di una politica estera sia di una difesa comune.
La seconda è che proprio per questa debolezza congenita europea nutro forti dubbi sulla efficacia e sulla reale applicazione delle sanzioni che sono state e, si spera, saranno decise, anche perché in parte si ritorceranno contro chi le implementa. Ad esempio, per ora non si parla di sanzioni alla vendita di gas russo perché l’Europa ne ha notevole bisogno, Italia assolutamente compresa a causa delle pregresse folli e ideologiche politiche energetiche.
Il nostro paese vuole fare la sua parte , tanto è vero che ieri sera nel vertice della NATO il Presidente Draghi ha dichiarato: “Abbiamo condannato con la massima fermezza l’attacco di una brutalità ingiustificata della Russia all’Ucraina. Il comportamento russo è la più grave minaccia alla sicurezza euro-atlantica da decenni e soprattutto alla nostra democrazia e libertà. La nostra unità è e sarà sempre la risposta più forte. Manteniamo una posizione coesa e decisa. L’Italia è uno dei più importanti contributori di truppe alle operazioni NATO. Siamo pronti a fare la nostra parte, come sempre, per mettere a disposizione le forze necessarie. La reazione deve essere determinata per evitare qualsiasi ambiguità”
In queste ore le notizie da Kiev si rincorrono ma parrebbe chiaro l’epilogo degli scontri e anche il presidente bielorusso Lukashenko ha chiesto di porre fine al conflitto in attraverso negoziati prima che sia troppo tardi.
“Domani ci sarà la guerra e dopodomani sarà un massacro. Perciò, se hanno cervello, quei pazzi, prendiamo una decisione e sediamoci al tavolo”, ha detto Lukashenko. “Può succedere che nessuno avrà bisogno di negoziati domani”.
La Turchia (paese membro della NATO) non collabora alla politica sanzionatoria, infatti la Russia non ha ricevuto alcuna notifica ufficiale da Ankara sulla chiusura alle sue navi da guerra degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, attraverso cui si accede al mar Nero dal Mediterraneo.
Questo nonostante che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky avesse annunciato la chiusura degli stretti a seguito di una telefonata con l’omologo turco Erdogan. Nei giorni scorsi, Ankara aveva comunque escluso questa ipotesi come se la questione ucraina-russa non la riguardasse.
Quanto precede a sottolineare che non bisogna mettere mai in secondo piano l’evidenza che la diplomazia ha fallito e che a maggior ragione sarà ora difficile trovare una soluzione apparentemente senza né vinti né vincitori e soprattutto che non costituisca un precedente per analoghe rivendicazioni come ad esempio quella della Cina Popolare nei confronti della democratica Repubblica di Cina – Taiwan.
A dimostrazione di quanto appena scritto, quanto ha affermato mercoledì il ministero degli Esteri cinese: “Taiwan non è l’Ucraina” ed è sempre stata una parte inalienabile della Cina Popolare”. Come pronta e logica risposta la Presidente di Taiwan Tsai Ing-wen ha chiesto all’isola di rafforzare la vigilanza sulle attività militari in relazione alla crisi in Europa.
Quanto precede, dopo che il primo ministro britannico Boris Johnson aveva segnalato il rischio per Taiwan e le conseguenze dannose a livello mondiale, se le nazioni occidentali non avessero mantenuto le loro promesse di sostenere l’indipendenza dell’Ucraina.
La Cina Popolare, che rivendica la Repubblica di Cina – Taiwan come proprio territorio, ha intensificato l’attività militare nei pressi dell’isola, sebbene Taiwan non abbia segnalato ulteriori recenti manovre insolite da parte delle forze cinesi ad esclusione del provocatorio sorvolo di nove aerei della Cina Popolare in coincidenza con la prima attività di invasione del territorio ucraino. Forse anche Pechino ha rispettato la “sua” tregua olimpica!
Il portavoce del ministero degli Esteri della Cina Popolare Hua ha respinto qualsiasi legame tra le questioni dell’Ucraina e di Taiwan ripetendo la falsa retorica che “Taiwan non è l’Ucraina ed è sempre stata una parte inalienabile della Cina. Questo è un fatto legale e storico indiscutibile”. Hua ha poi aggiunto :“La questione di Taiwan è un residuo della guerra civile, ma l’integrità della Cina non avrebbe mai dovuto essere compromessa e non è mai stata compromessa”.
Nessun paese, tuttavia, è una grande minaccia per l’ordine mondiale liberale come la Cina Popolare. La Russia, per molti aspetti, è una potenza in declino, priva di dinamismo economico e l’attacco all’Ucraina potrebbe rappresentare per Putin l’ottenere ciò che vuole mentre ancora può. La storia è diversa con la Cina Popolare, una potenza con una crescente potenza economica, diplomatica e militare.
La Russia è oggi in prima pagina, ma la Cina potrebbe essere il futuro della politica autocratica. Il fervore nazionalista del presidente Xi Yining, l’impegno per la restaurazione del potere del comunismo cinese e un approccio più aggressivo rispetto ai suoi predecessori quando si tratta di controversie territoriali e marittime, le relazioni con gli Stati Uniti e i loro alleati, nonché il sistema internazionale in generale, hanno già fatto diventare Pechino la forza destabilizzante in Asia.
Taiwan è, su questa linea del fronte, debole. Proprio come Putin non poteva tollerare la sovranità ucraina, il Partito Comunista Cinese non accetterà mai la separazione di Taiwan, che Pechino considera una parte centrale della Cina Popolare e occupata da un governo illegittimo (tra l’altro fastidiosamente democratico). Ottenere il “controllo” su Taiwan, o come preferisce chiamarla il partito comunista, “riunificazione”, è un obiettivo primario della politica estera cinese. In un ordine mondiale in cui gli stati autoritari sono più assertivi e gli alleati democratici sono in ritardo, le possibilità di una guerra di aggressione a Taiwan aumentano.
Xi ha già provato a intimidire il governo di Taipei inviando aerei da caccia per “molestare” l’isola, mentre la completa repressione da parte di Pechino del movimento per la democrazia a Hong Kong mina ogni speranza che Taiwan possa conservare una parvenza della sua attuale libertà se fosse incorporata nel grande paese comunista.
Ciò non significa che un attacco cinese a Taiwan sia imminente. È impossibile prevedere con certezza cosa penserà Xi per Taiwan all’indomani della guerra del suo nuovo alleato strategico Putin in Ucraina.
A differenza di Putin quando si trattava dell’Ucraina, però, Xi non sta accumulando una forza d’invasione sullo stretto che separa Taiwan dalla Cina Popolare e continentale. Inoltre, per Xi l’ascesa della Cina Popolare è inevitabile e il tempo è dalla sua parte. Non ha bisogno di seguire Putin sulla via della guerra, come scritto, almeno per ora…
Ma l’aggressione militare di Putin è un segno di ciò che potrebbe accadere. Le potenze autoritarie potrebbero convincersi e credere che sia arrivato il momento di respingere gli Stati Uniti e rimodellare il mondo approfittando della debolezza mostrata dal governo Biden.
A fine febbraio 2022 non è affatto chiaro se gli “Alleati Democratici” abbiano la volontà, le risorse o l’unità per combattere un’altra battaglia con l’autocrazia.
La crisi ucraina ha mostrato che sia gli Stati Uniti sia i loro alleati in Europa si battano per uno scopo comune, pur non essendo all’altezza in termini di risultati. I leader europei vogliono tracciare la propria rotta, ma la loro tanto decantata “autonomia strategica” sembra sempre più simile a un'”indecisione strategica”, in cui i guadagni economici e politici a breve termine hanno la precedenza sugli interessi strategici a lungo termine e, nel contempo, l’opinione pubblica statunitense parrebbe stanca di combattere le battaglie del mondo.
Comunque, se queste tendenze continuassero a svilupparsi, il giorno in cui la Cina Popolare decidesse di invadere Taiwan non è lontanissimo. I leader comunisti cinesi stanno arrivando a vedere il declino americano come inevitabile, tanto quanto la loro stessa ascesa.
La crisi ucraina potrebbe sembrare aggiungere ulteriore forza a questa funesta teoria e un giorno a Pechino potrebbero essere certi che gli Stati Uniti e i loro partner non combatteranno per i loro ideali o per il loro ordine mondiale. Si spera mai avvenga…
(crediti Ipsionline)