Al senatore Gianluigi Paragone, leader di ItalExit, il partito da lui fondato nel 2020 dopo avere abbandonato il Movimento 5Stelle, abbiamo rivolto alcune domande. Queste le risposte.
Condivide l’ opinione del prof. Giulio Tremonti che siamo all’ inizio della fine della globalizzazione?
L’iper-globalizzazione forzata è stata un fallimento. Ed era inevitabile. Da una parte la causa è da ricercare in un difetto della mentalità americana: credo che gli Usa, consci delle difficoltà di mantenere una crescita costante, pensassero di riuscire ad “americanizzare” la Cina e a farne un enorme mercato di riferimento.
Gli americani ragionano sull’onda del momento, la loro storia è piuttosto recente, non sono mai riusciti veramente a entrare nella mentalità di una civiltà millenaria. La Cina ha una struttura solidissima, che ai nostri occhi somiglia a un misto fra una dittatura con caratteristiche di estrema durezza e controllo sulla vita delle persone e un capitalismo in salsa orientale. Un monolite forgiato nei secoli che non si riesce a scalfire.
Così è successo il contrario di quello che si aspettavano Oltreoceano e si è arrivati al punto che la Cina si stava avviando, con la nuova via della seta, a dominare l’economia mondiale. Sino a che gli Usa, spaventati, non sono intervenuti e hanno cambiato politiche.
La fine della globalizzazione come ce l’hanno venduta negli Anni 90 del secolo scorso è iniziata da lì ed è stata, da parte americana, una forma di difesa contro un colosso che ha dimostrato di essere intoccabile al suo interno.
L’altra categoria che esce sconfitta dal fallimento della globalizzazione è quella imprenditoriale, o meglio di quei produttori e imprenditori che hanno dimostrato di non avere una visione di medio lungo periodo. Hanno accettato le storture del neoliberismo pensando di trarne vantaggio, hanno ragionato solo su un piano di guadagno immediato.
Le delocalizzazioni vanno viste in questo senso, così come l’accettazione acritica dell’entrata nell’Euro e dei trattati europei. A tutt’oggi molti imprenditori dimostrano di non aver capito che distruggendo la domanda interna hanno tagliato il ramo su cui erano seduti. Sono caduti nella trappola delle multinazionali monopoliste, che hanno omologato la proposta, offerto prodotti di qualità inferiore a prezzi inferiori, ottenuto attraverso politiche lobbistiche vantaggi sempre maggiori, praticato l’elusione fiscale che altro non è che un’evasione fiscale legalizzata.
La cosa incredibile, in un quadro di questo tipo, è che la piccola e media impresa italiana, la migliore del mondo per distacco, sia riuscita a sopravvivere nonostante il bombardamento subito, la concorrenza sleale sopportata. E siccome è riuscita a sopravvivere rappresenta un ostacolo alla realizzazione del piano dei grandi gruppi finanziari.
Così oggi stiamo assistendo all’ennesimo attacco contro i popoli, non solo contro gli imprenditori, attraverso una crisi energetica indotta a colpi di speculazione.
Draghi lo sa benissimo, perché fa parte di quel mondo: l’obiettivo è spazzare via la piccola e media impresa e appropriarsi delle ricchezze degli italiani. La nostra politica è stata cancellata a colpi di spread, ci sono stati imposti governi tecnici e una perenne e demenziale austerity che ha impoverito una parte importante della popolazione e della classe media. Oggi la devastazione che vediamo intorno a noi è frutto degli errori di alcune categorie e della volontà di alcune élite di imporre un modello culturale neofeudale e disumano.
La globalizzazione è finita, il mondo corre verso una divisione in tre grandi zone di controllo con l’Islam a fare da quarto incomodo. La propaganda spinge verso un uso smodato della tecnologia in una società del futuro in cui le persone sono annichilite e controllate costantemente. Non a caso l’oro dei tempi moderni sono i dati che le grandi aziende raccolgono in barba al rispetto della privacy, senza che nessuno si indigni o cerchi di mettere un freno.
De Gasperi, Schumann, Adenauer avevano ipotizzato la nascita di un’ Europa di popoli affratellati. La stessa Ceca (Comunità europea carbone e acciaio) era stata la premessa per mettere in comune le risorse per un reciproco aiuto. Non le pare storicamente tradito quel proposito?
Totalmente. Al sogno è stata sostituita la burocrazia. Alla comunità, la cessione di potere ai grandi gruppi finanziari. Alla politica, il dominio di numeri spesso senza senso come quel 3% di scostamento di bilancio che è stato deciso senza alcun criterio reale, come hanno ammesso gli stessi suoi “inventori”.
Di fronte a questo tradimento, noi di ItalExit vogliamo proporre un modello sociale completamente diverso. Non vogliamo consegnare la nostra società nelle mani di poche multinazionali che ci renderebbero schiavi del loro modello disumano, non vogliamo il dominio della tecnologia sull’uomo e sulle sue libertà. Vogliamo un mondo libero, umano. La vera collaborazione, la vera unione fra popoli non avviene cancellando secoli di tradizioni e di saggezza acquisita e creando una società omologata e priva di radici.
La vera unione fra i popoli avviene nell’incontro fra culture diverse che si rispettano e si arricchiscono l’una con l’altra. Questo è il vero spirito dell’Europa, un’unione di liberi Stati indipendenti e cooperanti.
Come immagina l’Europa del futuro? Il Vecchio Continente è fatalmente destinato ad essere schiacciato tra gli Stati Uniti e la Cina?
L’Europa è a un bivio. L’Unione Europea è stata un devastante fallimento, un progetto economicamente scellerato, nato da una forzatura monetaria senza precedenti. Si è preteso di fondare l’unione politica su una moneta invece di fare il contrario come sarebbe logico. Nello stesso tempo si è dato un potere enorme a commissioni non elette e autoreferenziali, che hanno cominciato a decidere indisturbate i destini di un intero continente.
Con un Parlamento di facciata che non può nemmeno rifiutare di adottare provvedimenti non graditi, può solo proporre modifiche. Ma le commissioni hanno comunque l’ultima parola. La visione germanocentrica, le regole fatte su misura per alcuni Paesi e fortemente penalizzanti per altri – fra i quali l’Italia – la stretta di austerity che nasce da una stortura di pensiero tipicamente tedesca, hanno causato gravi sofferenze a molti i Paesi europei e alle loro economie.
Ma ora che anche l’economia tedesca è andata in sofferenza si comincia a vedere il disastro provocato dalle politiche neoliberiste e dalla miopia politica delle élite europee, che hanno ceduto il controllo ai grandi gruppi finanziari. Risultato: l’Europa non ha una politica comune, è debole, assente ed esposta agli ultimi colpi di coda della “vecchia” globalizzazione e, nello stesso tempo, alle tempeste che stanno caratterizzando la nuova divisione del mondo in zone dominate dalle grandi potenze. Imbelle di fronte allo strapotere di Cina e Stati Uniti, ma non per un’inevitabile destino: per scelta.
L’Europa era il centro del mondo, l’hanno ridotta a una periferia che cade a pezzi. Le colpe di questa generazione politica si capiranno meglio solo quando gli storici del futuro analizzeranno ciò che è avvenuto. E immagino che saranno stupefatti di fronte al disastro volontario europeo.
Avere spinto la Russia ad avvicinarsi alla Cina è un errore irreversibile di Bruxelles?
Le sanzioni contro la Russia in occasione dello scoppio della guerra con l’Ucraina sono state un errore gigantesco. Da tutti i punti di vista: economico, politico, di prospettiva. Politicamente la situazione non è perfettamente definita: Russi e Cinesi storicamente non si amano, l’attuale riavvicinamento è frutto di interessi comuni momentanei, ma bisogna vedere come questa alleanza innaturale si svilupperà.
In questo senso più che le decisioni dei governi europei è l’atteggiamento americano a rappresentare un pericolo. Gli Usa non hanno fatto nulla per favorire la fine del conflitto, anzi, direi che hanno soffiato e continuano a soffiare sul fuoco. Washington combatte una guerra diplomatica che si combatte in territorio europeo.
E anche in questa occasione l’Unione Europea ha dimostrato la propria debolezza e un asservimento alla volontà americana che rende inutile l’esistenza di una struttura come la Nato. Non siamo una colonia americana, qualsiasi alleanza deve partire da una reciprocità di interessi e posizioni. E questi ultimi mesi dimostrano che non è così, a cominciare da Draghi che è stato un fedele servitore dei diktat di Biden.
Alle prossime elezioni quanti seggi prevede di raggiungere con il suo movimento?
Con questa orribile legge elettorale è difficile quantificare un risultato in seggi. Dipende da troppi fattori, dei quali molti non prevedibili a priori. Posso rispondere che puntiamo a superare agevolmente la soglia di sbarramento. A quel punto potremmo avere una rappresentanza minima fra gli 8 e i 12 parlamentari, che ovviamente saranno di più se il nostro consenso sarà più alto.